NAPOLI – Giovedì 14 febbraio 2013 alle ore 21.00 (in replica fino a domenica 17) il teatro Elicantropo di Napoli ospiterà lo spettacolo L’Eremita Contemporaneo – made in ILVA, la nuova produzione della compagnia Instabili Vaganti, che prosegue la sua tournée italiana 2012/2013.
Diretto dalla regista tarantina Anna Dora Dorno e interpretato da Nicola Pianzola, con le musiche originali dal vivo di Andrea Vanzo, l’allestimento, come suggerisce il titolo, è ispirato alla vicenda dell’ILVA di Taranto, la più grande acciaieria d’Europa. E’ il frutto di un accurato lavoro di ricerca e di sperimentazione fisica e vocale sull’inorganicità, la ripetizione seriale e l’alienazione causate dal sistema di produzione contemporaneo, per incontrare, poi, i testi poetici di Luigi di Ruscio e Peter Shneider.
La trasposizione artistica, attraverso scritti, testimonianze, polemiche, impressioni, emozioni, suggestioni, fa riferimento alla vicenda reale dell’acciaieria più grande d’Europa, che condiziona la vita dell’intera città di Taranto e dei suoi lavoratori, intrappolati tra il desiderio di evadere e fuggire dalla gabbia d’acciaio incandescente e la necessità di continuare a lavorare in quell’inferno di morti sul lavoro e danni ambientali, per la sopravvivenza quotidiana.
L’attore, in scena, spinge il proprio corpo all’estremo, attraverso funamboliche sospensioni, azioni acrobatiche e ripetitive, interagendo continuamente con suoni che diventano ritmi ossessivi e che si trasformano in musiche eseguite dal vivo, in cui le note s’intrecciano col canto di una voce femminile.
Egli pone il suo rifugio in una scena composta da strutture metalliche, resa cangiante dall’uso di video-proiezioni che rievocano il contesto della fabbrica, delle numerose fabbriche che ancora esistono come fantasmi di un’epoca moderna ormai trascorsa. Immagini e suoni popolano i suoi sogni, come residui archeologici, che si trascinano ancora in vita, come agonizzanti, nella memoria e nei ricordi ossessivi di chi, ancora oggi, lavora in simili luoghi.
Attraversa questa sorta d’inferno contemporaneo, fatto di ritmi alienanti e spazi distorti, giungendo a spogliarsi della propria identità e ad indossare una maschera anonima, senza volto, per difendere l’essenza del proprio animo.
L’eremita contemporaneo insegue una salvezza impossibile, nel tentativo di sentire la propria carne calda, il proprio vivere organico, in contrapposizione al ferro-freddo, al processo d’inorganicità al quale ci spingono le regole di produzione dell’attuale sistema sociale, reprimendo la libertà creativa dell’uomo e dell’artista.