Silvio Berlusconi archivia definitivamente a Roma, con un proscioglimento, la vicenda Mediatrade e guarda ora al palazzo di giustizia di Milano, dove dovrebbe arrivare per lui entro fine mese un tris di sentenze: già domani quella sul caso della fuga di notizie sull’intercettazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte ai tempi della scalata di Unipol alla Bnl; poi quella su caso Ruby e, infine, il verdetto d’appello su Mediaset e i diritti tv.

Oggi a Roma la terza sezione penale della Cassazione ha giudicato inammissibile il ricorso della Procura della Capitale ed ha così definitivamente prosciolto Berlusconi, il figlio Piersilvio ed alcuni altri imputati che erano coinvolti nell’inchiesta Mediatrade su presunte irregolarità nella compravendita dei diritti tv. Era stato lo stesso pg della Cassazione a chiedere che il ricorso fosse respinto o dichiarato inammissibile. A conclusione dell’udienza preliminare, svolta lo scorso anno, relativa all’inchiesta su una presunta frode fiscale da 10 milioni di euro, il gup aveva dichiarato prescritti i fatti relativi al 2003, mentre aveva prosciolto Berlusconi, il figlio e gli altri imputati per quelli riferiti al 2004. La Procura di Roma aveva impugnato la sentenza di proscioglimento, ma ora la Cassazione ha confermato il verdetto del gup. Per domani a Milano è previsto il verdetto sul caso della fuga di notizie sull’intercettazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte ai tempi della scalata di Unipol alla Bnl. Berlusconi, imputato assieme al fratello Paolo, aveva annunciato nei giorni scorsi che prima della sentenza avrebbe reso dichiarazioni spontanee, ma è sempre più improbabile la sua presenza al Palazzo di Giustizia di Milano. Per Silvio Berlusconi, imputato per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio assieme al fratello Paolo (che risponde anche di ricettazione), il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli ha chiesto la condanna a un anno. Per l’editore de ‘Il Giornale’ – il quotidiano di famiglia che pubblicò, il 31 dicembre 2005, il contenuto di quell’ormai famosa intercettazione “allora abbiamo una banca?” – la Procura ha chiesto invece una condanna a 3 anni e 3 mesi. Nel processo è parte civile Piero Fassino, che ha chiesto un risarcimento danni da un milione di euro. Secondo l’accusa, il 24 dicembre 2005 l’allora premier avrebbe ascoltato la registrazione di quella telefonata, ancora coperta da segreto istruttoria e contenuta in una pen drive, in un incontro ad Arcore alla presenza del fratello e degli imprenditori Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli. Era stato quest’ultimo, che lavorava per la Research Control System (società che forniva le apparecchiature per le intercettazioni alla Procura), a trafugare, secondo le indagini, il ‘nastro’ e, assieme a Favata e al fratello Paolo, ad offrirlo, secondo l’accusa, come ‘regalo’ a Berlusconi in vista delle elezioni politiche del 2006. Pochi giorni dopo, il contenuto di quella telefonata era stato pubblicato e si era scatenata una ‘bufera’ di reazioni politiche. Secondo il ‘calendario’ dei processi, per il prossimo 18 marzo è attesa la sentenza sul caso Ruby che vede imputato l’ex premier per concussione e prostituzione minorile (venerdì prossimo il procuratore aggiunto Ilda Boccassini formulerà la richiesta di condanna). Il processo d’appello sul caso Mediaset, invece, dovrebbe concludersi il prossimo 23 marzo: la Procura generale di Milano ha chiesto per l’ex presidente del Consiglio la conferma della condanna a 4 anni, con interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.

 

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