E’ un viaggio attraverso il periodo piu’ splendido e nello stesso tempo piu’ buio di Napoli, dall’Unita’ d’Italia alla Prima Guerra Mondiale, l’ultima opera di Francesco Palmieri “Il libro napoletano dei morti” (Mondadori). L’autore, giornalista e scrittore, ha presentato il volume questa sera al Circolo dei lettori di Torino con il giornalista Pietrangelo Buttafuoco.
Protagonisti delle pagine di Palmieri, capitani borbonici, “guappi” alle prime armi e camorristi senza scrupoli: a narrare l’intera vicenda, la voce del poeta Ferdinando Russo che denuncio’ con coraggio la malavita della propria citta’. Russo diventa cosi’ l’alter ego letterario di Palmieri che riesce a raccontare in modo lucido e appassionato uno dei tratti piu’ turbolenti e meno indagati della storia napoletana, “un’epoca svanita”, un’epopea durata circa sessant’anni che segna ancora la citta’.
“Torino e’ un po’ la controfaccia di Napoli – ha spiegato Palmieri – e’ una sorta di controscenario. Il Risorgimento ha un punto convenzionale di partenza da Torino”. Ad appassionare particolarmente il pubblico del Circolo dei lettori e’ stata la discussione sul ruolo della scienza con agganci importanti all’attualita’: dall’incendio alla Citta’ della Scienza che, secondo Palmieri “umilia i napoletani e crea una ferita” alla vicenda dei resti del brigante Villella custoditi nel Museo di antropologia criminale Lombroso di Torino su cui si dovra’ pronunciare la Corte d’Appello di Catanzaro il 19 marzo prossimo dopo che il tribunale di Lamezia ha dato ragione al Comune di Motta Santa Lucia che ne chiedeva la restituzione e il successivo ricorso dell’Universita’ di Torino.
“Brucia fisicamente la Citta’ della Scienza – ha detto Palmieri – ma le scienze bruciano continuamente. Quello che sembra certo in un dato periodo puo’ non esserlo in un’altra epoca. Lombroso, per esempio, era uno studioso onesto e retto, faceva del bene perche’ visitava anche gratuitamente, ma oggi la restituzione di quei resti sarebbe un atto nobile. Basterebbe mantenere al museo un calco. Cominciamo ad estinguerli culturalmente questi incendi”.