Applausi infiniti, pubblico entusiasta: successo personale per Kevin Spacey e il suo ‘Riccardo III’, un cattivo di rara potenza, deturpato da gobba e bastone per sorreggersi su gambe storpie, umano nella sua ambiziosa
e sanguinaria follia autodistruttiva, quasi a confermare “che era nato per interpretare questa parte”, come aveva dichiarato il regista Sam Mendes, col quale si erano assicurati, nel 1999, due Oscar per regia e miglior attore col film ‘American beauty’. Inquieto, vigile, freddo anche nella rabbia, questo principe che per diventare re al posto del fratello, uccide, tradisce, calunnia, accusa falsamente anche chi gli è stato più vicino, portato ai nostri giorni, come in questo spettacolo, diventa, finendo vinto nella scena di chiusura e appeso a testa in giù, metafora di una gestione del potere basata solo sugli interessi personali, su alleanze strumentali e momentanee, sul tornaconto contingente senza guardare in faccia nessuno, più che ovvia, esemplare vicenda di tanti recenti, crudeli dittatori come Gheddafi. Il tutto colto da Mendes con sapiente attenzione alla tragicommedia che si nasconde sempre nelle grandi tragedie e dando a questo Riccardo III alcuni risvolti comici, quando gode dei propri successi o cerca la complicità del pubblico nel far piani tra sé e sé. Lo spettacolo, che avrà altre due repliche oggi e chiude il Napoli Teatro Festival, aveva debuttato a Londra a giugno e, accanto a Spacey, direttore dello storico teatro Old Vic, c’é un cast di rilievo anglo-americano (Bridge project si chima del resto il suo programma, basato su grandi classici): da Maureen Andermann a Haydn Gwynn e Gemma Jones, rispettivamente duchessa di York, regina Elisabetta e regina Margherita, da Chuk Iwuji a Chandler Williams George, duca di Buckingham e duca di Clarence, che hanno avuto la loro calorosa parte di applausi, alla fine delle tre ore di uno spettacolo nitido, assoluto, senza sbavature, che non annoia mai, ovviamente in lingua originale, sopratitolato in italiano.