Mario Monti si avvia a ricevere l’incarico per formare il primo governo dell’era post-Berlusconi, e lo fa al termine di una giornata in cui le assicurazioni sulla stabilita’ italiana, date dal Colle alla comunita’ internazionale, finalmente riescono a sortire un primo effetto: riportare lo spread intorno ai 500 punti.
Pochi giorni fa sarebbe stata la certificazione della vicinanza con l’abisso, oggi equivale ad un sospiro di sollievo, se e’ vero che appena 24 ore fa quel punteggio, dal quale deriva molto del nostro futuro, era pericolosamente vicino ai 600. Giorgio Napolitano si vede con Mario Monti in serata. “Per un’ora e mezzo”, sottolineano precisi al Quirinale. IL comunicato ufficiale parla di un faccia a faccia di cortesia, in cui il neosenatore a vita ringrazia cortesemente del laticlavio appena ottenuto. In realta’ la lunghezza del colloquio lascia intendere che al centro delleconversazione dev’esserci stato qualcosa di ben piu’ corposo. Proprio quel “duro lavoro” che attende il Paese in questi prossimi mesi di risanamento. “C’e’ molto lavoro da fare” era stata l’espressione usata da Monti prima di lasciare stamane Berlino. Frase di facile valore profetico, visto la situazione. Mentre Monti la pronunciava, Giorgio Napolitano si preparava a lasciare il Quirinale per un impegno pubblico alla Accademia Finlandese di Roma. La giornata si annunciava difficile fin dal mattino. Napolitano arriva con trenta minuti di ritardo a causa, spiegano prima dal palco, di una situazione che sta letteralmente precipitando. Lo spread avanza, lui – si viene na sapere dopo – e’ impegnato in un giro di telefonate a livello internazionale. Poi, una volta entrato nella splendida sala settecentesca con visione mozzafiato su Roma, il Capo dello Stato chiede scusa in inglese e sembra volersi dedicare sulle prime solo all’argomento del convegno, la Finlandia e l’unificazione italiana di 150 anni fa. Ma verso la fine, quando e’ passato ad esprimersi in italiano, affida alle orecchie dei presenti e a quelle dei mercati una professione di fede sulle capacita’ del nostro Paese. Un Paese, dice, che “alle spalle ha un passato ricco di momenti gloriosi, segnati da crisi e cadute superate con slancio e spirito di sacrificio”. E’ proprio questo spirito “di cui l’Italia ha bisogno oggi, in un momento in cui si trova di fronte a passaggi molto difficili e scelte particolarmente ardue per raggiungere gli obiettivi finanziari di crescita economica e sociale ed uscire dalla crisi”. Proprio per questo, per il fatto che “l’Europa attende con urgenza segni importanti di assoluzione di responsabilita’ da parte dei suoi Paesi fondatori, Napolitano, europeista convinto, rassicura i partner dell’Unione: “ce la faremo, ne sono sicuro”. Concetti ribaditi nel pomeriggio nientemeno che a Barack Obama in persona, in un colloquio telefonico al quale il Quirinale concede dignita’ di comunicato ufficiale. Come a dire: oltreoceano qualcuno ci capisce. Soprattutto da qualche giorno a questa parte. Un’ora dopo la telefonata, ed ecco Napolitano attendere al Colle Mario Monti, ufficialmente ancora semplice senatore a vita di fresca nomina. Un’ora e mezzo di colloquio fitto fitto. Sembrano proprio le prove generali di un “governo del presidente”. Erano vent’anni che l’Italia non ne vedeva uno.