“Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ricorra al proprio potere ispettivo per far accertare la regolarità dell’iniziativa giudiziaria nei confronti di Nicola Cosentino anche al fine di verificare quali siano gli elementi concreti riferiti a fatti certi che possano indurre a ritenere un più vasto coinvolgimento , ancorché inconsapevole, di soggetti ricoprenti cariche pubbliche”. E’ quanto chiede, in un’interpellanza al ministro della Giustizia Andrea Orlando, il senatore Vincenzo D’Anna, vicepresidente del gruppo Grandi Autonomie e Libertà dopo l’arresto di Cosentino.
“Da organi di stampa – spiega – sono emersi aspetti relativi all’indagine nel cui ambito è stata richiesta dai sostituti Antonello Ardituro, Francesco Curcio e Fabrizio Vanorio della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli la misura cautelare detentiva, concessa dal G.I.P Isabella Iaselli, a carico dell’ex coordinatore del Pdl Nicola Cosentino. Secondo le ipotesi dell’accusa, Cosentino, nonostante non rivesta più alcuna carica politica, vanterebbe ancora una rete fittissima di contatti, sia ad alto livello che negli enti locali. Tale ipotesi sarebbe suffragata dal fatto che Cosentino avrebbe effettuato e ricevuto 6.147 telefonate tra novembre 2013 e gennaio 2014; di queste 120 erano destinate al suo addetto stampa, Francesco Bigliardo; 103 al dott. Michele Izzo, qualificato dalla stampa come dirigente dell’Azienda Ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta ma, in realtà, suo segretario particolare; poco più di 300 telefonate ad altri politici (in totale, dunque, meno del 10% delle telefonate riferibili a Nicola Cosentino). Tali specifiche circostanze sorreggerebbero la misura cautelare detentiva, evidentemente per il pericolo di reiterazione del reato, disposta a carico di Cosentino per una vicenda risalente a dodici anni fa la cui legittimità, peraltro, è stata già positivamente scrutinata in tutti i gradi di giudizio da parte della magistratura amministrativa”. “L’abnormità della misura cautelare disposta a carico di Nicola Cosentino appare molto evidente – conclude D’Anna – e, peraltro, se vista insieme all’altra vicenda giudiziaria che lo riguarda, sortisce l’effetto di screditare una intera compagine politica, marcando chiunque vi militi come affiliato, ancorché inconsapevole, di clan camorristici”.