Ore 5.30. Fiat Termini Imerese. Ultimo giorno di produzione, poi cassa integrazione fino al 31 dicembre. Gli operai arrivano in fabbrica a gruppi. Le luci dello stabilimento illuminano i volti scuri, hanno poca voglia di parlare. Qualcuno indossa la tuta, altri hanno in mano il sacchetto con la colazione.
”Non c’e’ piu’ futuro, non c’e’ niente – dice Francesco Li Greci, 34 anni in catena di montaggio -. Provo una strana sensazione, entro in Fiat per l’ultima volta. Mi sento rabbia in corpo”. Molti lavoratori varcano i cancelli con lo sguardo perso nei propri pensieri. ”Dopo 35 anni abbiamo fatto la fine del topo”, sbotta un operaio. ”Il primo dicembre faccio 35 anni di lavoro in Fiat – aggiunge un altro lavoratore -. Il signor Marchionne non sa il danno che ha fatto. Cosa facciamo con le nostre famiglie?”. Nella stanza di fronte la cabina dei custodi, c’e’ un presepe con le luci. Qualche operaio si sofferma, a guardarlo. ”E’ un Natale davvero nero”, sussurra un lavoratore scuotendo il capo. ”Ho le palpitazioni, dopo 36 anni di lavoro qui dentro”, dice un altro dipendente. ”Ci hanno trattato come i cani – sostiene un lavoratore che per l’emozione non riesce quasi a parlare -. Non avrei mai immaginato che sarebbe finita cosi’. Oggi ci saluteremo con i colleghi, tutto quello che c’e’ qui dentro ci appartiene. Non lo so, ma c’e’ una giustizia divina”. Tra qualche ora gli operai si ritroveranno nel piazzale davanti i cancelli. E’ in programma l’ultima assemblea. Ci saranno i sindacalisti di Fim Fiom e Uilm. ”Porteremo le ghirlande, e’ tutto finito”, dice Angelo Barbera, 41 anni di lavoro alle spalle.