L’assegnazione della casa coniugale “non puo’ essere disposta come se fosse una componente dell’assegno di divorzio allo scopo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge piu’ debole”. Lo rileva la Cassazione nel respingere il ricorso di una signora campana, R.I., separatasi dal marito C.N. con cui si era unita in matrimonio nel 2004, che chiedeva l’assegnazione della casa coniugale sulla base del fatto che, a suo dire, “tale beneficio spetta al coniuge economicamente piu’ debole anche nel caso di assenza di figli”.

La donna, ricostruisce la sentenza 18992 della Prima sezione civile, aveva gia’ ottenuto un aumento dell’assegno divorzile (elevato dagli iniziali 300 euro mensili a 400) da parte della Corte d’appello di Napoli – novembre 2008 -. Un mantenimento che a R.I., che non aveva piu’ figli (l’unico era deceduto successivamente alla separazione della coppia), non bastava. Da qui la richiesta in Cassazione anche dell’assegnazione della casa coniugale di proprieta’ del marito. Piazza Cavour ha bocciato il ricorso della difesa della donna e ha ricordato che “il giudice non ha il potere di disporre l’assegnazione a favore del coniuge che non vanti alcun diritto – reale o personale sull’immobile – e che non sia affidatario della prole minorenne o convivente con figli maggiorenni non ancora provvisti, senza loro colpa, di sufficienti redditi propri”.

 

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