NAPOLI – Informare, tranquillizzare, e intervenire laddove sia necessario. Sono in allerta le principali strutture pubbliche oncologiche da quando è scoppiato il ‘caso Pip’, le protesi francesi considerate a rischio, in attesa che arrivino precise direttive da parte del ministero della Salute. Da Milano a Napoli, passando per Roma, Genova, Aviano e il Veneto, alcuni Irccs oncologici si stanno intanto affrettando a chiarire che non sono state utilizzati i dispositivi francesi.
Mentre lo Ieo, l’Istituto Europeo di Oncologia diretto da Umberto Veronesi, al momento ha dichiarato di aver impiantato 621 protesi Pip, ha subito diffuso attraverso il suo sito un comunicato in cui si rassicurano le pazienti e si ricorda che dopo le raccomandazioni del ministero del 2010 sono state già contattate tutte le pazienti cui è stato impiantato questo dispositivo, che hanno potuto effettuare “gratuitamente una ecografia mammaria e una visita con il chirurgo plastico”. Ma le preoccupazioni, confermano i chirurghi di tutta Italia, si stanno diffondendo tra le pazienti che chiamano per avere informazioni e chiarimenti.
Ma anche, come spiega Alfredo Borriello, direttore dell’Unità operativa di chirurgia plastica dell’ospedale Pellegrini di Napoli, per “prenotare l’intervento sostitutivo”. Già ne sono stati fatti diversi, spiega, “negli ultimi due anni”, ma sottolinea che “va ribadito che le Pip non sono cancerogene e che anche altri tipi di protesi, a diversi anni dall’impianto, possono avere dei problemi”. I suoi colleghi dell’Istituto nazionale tumori Pascale di Napoli, intanto, hanno attivato, come spiega il primario di Senologia, Giuseppe D’Aiuto, un ambulatorio per la sorveglianza delle protesi con un numero dedicato per iniziare intanto a “dissipare questa grande preoccupazione delle pazienti” ma con l’obiettivo di arrivare a un “programma di prevenzione oncologica” e al “registro” delle protesi, almeno regionale.
Proprio il registro è quello che chiedono a gran voce e “con urgenza” i chirurghi, come sottolinea il direttore della chirurgia plastica dell’Irccs di Genova Pierluigi Santi, perché le protesi mammarie “vanno trattate come le valvole cardiache, visto che si impiantano nel corpo e possono durare tutta la vita”. Per ottenerlo in realtà, chiarisce l’ex sottosegretario alla Salute, Francesca Martini, che aveva lavorato al provvedimento che istituisce il registro nazionale nel corso di tutto il suo mandato, manca solo l’ultimo passaggio dell’iter parlamentare al Senato. Per questo l’esponente leghista fa appello “al presidente della commissione sanità Tomassini” perché come “primo atto del 2012” convochi la commissione in legislativa e si arrivi “al più presto” al via libera a una legge che pone l’Italia “al primo posto in Europa per la tracciabilità delle protesi e la sicurezza delle pazienti”.