NAPOLI – La scoperta potrebbe cambiare il destino di tanti piccoli pazienti affetti da una patologia rarissima: la sindrome di Lowe, malattia genetica ereditaria che colpisce reni, occhi e cervello. Proprio sul meccanismo di base che danneggia i reni di questi bambini,
l’equipe di ricercatori dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Napoli, guidata da Antonella De Matteis, ha fatto una scoperta che potrebbe avere dei risvolti importanti a livello terapeutico e che da poco è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Embo Journal. Questa rara sindrome, che colpisce un bambino su 100.000 nati in Italia, è dovuta ad alterazioni di un gene chiamato Ocrl1 che contiene le informazioni per un enzima essenziale per il traffico intracellulare e il trasporto di sostanze. La malattia si manifesta fin dalla nascita nei neonati di sesso maschile con cataratta congenita e grave ipotonia, glaucoma, ritardo mentale e dello sviluppo motorio, convulsioni, disturbi del comportamento e problemi renali. Proprio l’insufficienza renale é il sintomo che mette più a rischio la vita dei pazienti affetti da questa malattia, per la quale al momento non esiste una cura risolutiva. Con questo lavoro i ricercatori del Tigem hanno chiarito per la prima volta che il difetto in Ocrl1 si traduce, a livello renale, in un mancato riassorbimento delle proteine presenti nelle urine. Un fatto che apre le porte a una possibile terapia farmacologia per contrastare il danno renale, prima causa della precoce scomparsa di questi piccoli pazienti. “Avendo dimostrato quali sono gli specifici segnali chimici che governano questo processo – spiega la De Matteis – possiamo andare alla ricerca di farmaci in grado di riequilibrare il traffico di sostanze a livello renale. Parallelamente, grazie ai sofisticati strumenti di miscroscopia disponibili qui al Tigem, possiamo analizzare migliaia di composti alla volta alla ricerca di quelli con l’effetto desiderato: una volta individuati possiamo andare a studiare il meccanismo con cui esercitano quell’azione. Procedendo lungo queste due strade – conclude la De Matteis – contiamo di arrivare il più presto possibile a un trattamento efficace contro il danno renale”.