La Polizia di Stato ha eseguito due misure cautelari nei confronti di un uomo e una donna ritenuti responsabili di aver trasmesso in diretta sul web, dietro corrispettivo in denaro, abusi sessuali da loro commessi su minorenni. Si tratta di un fenomeno noto come “Live streaming child abuse”. Gli abusanti, di nazionalità filippina, ricevevano versamenti da account PayPal riconducibili a utenti europei per poter assistere a “spettacoli” video in diretta, consistenti in abusi sessuali su minori, commissionati sul momento dagli utenti interessati. Tra questi vi era anche un italiano. L’uomo e la donna arrestati sono marito e moglie e le vittime degli abusi sono i figli della coppia. L’Italiano che è stato tra gli utenti del video, tra il 2019 e il 2020 ha effettuato pagamenti per acquistare filmati preregistrati e spettacoli live con protagonisti minorenni. L’indagine è iniziata da una attività condotta dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, scaturita da una segnalazione di operazioni finanziarie sospette pervenuta, tramite la Guardia di Finanza, dall’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) della Banca d’Italia, successivamente confermata da ulteriori informazioni giunte dalla Homeland Security Investigation (Hsi) statunitense nell’ambito della cooperazione internazionale di polizia avente come oggetto un network di soggetti coinvolti nel Live streaming child abuse. Nello scorso mese di novembre, la polizia postale di Milano aveva effettuato, su delega della Procura, una perquisizione domiciliare e informatica sui dispositivi sequestrati a uno degli indagati, la cui minuziosa analisi ha consentito di far emergere importanti prove a carico non solo dell’uomo, ma anche di sua moglie di nazionalità filippina. Nel periodo in cui viveva all’estero, la donna – che faceva parte del network criminale – trasmetteva in diretta, dietro pagamento, video che ritraevano abusi sessuali nei confronti dei suoi due figli minorenni. Sono stati quindi emessi la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell’uomo, mentre per la moglie sono stati disposti l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e il divieto di espatrio. Le misure cautelari sono state eseguite dal personale del Centro per il contrasto alla pedopornografia e della Sezione operativa per la sicurezza cibernetica di Varese. L’Italiano che è stato tra gli utenti del video, tra il 2019 e il 2020 ha effettuato pagamenti per acquistare filmati preregistrati e spettacoli live con protagonisti minorenni. L’indagine è iniziata da una attività condotta dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, scaturita da una segnalazione di operazioni finanziarie sospette pervenuta, tramite la Guardia di Finanza, dall’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) della Banca d’Italia, successivamente confermata da ulteriori informazioni giunte dalla Homeland Security Investigation (Hsi) statunitense nell’ambito della cooperazione internazionale di polizia avente come oggetto un network di soggetti coinvolti nel Live streaming child abuse. Nello scorso mese di novembre, la polizia postale di Milano aveva effettuato, su delega della Procura, una perquisizione domiciliare e informatica sui dispositivi sequestrati a uno degli indagati, la cui minuziosa analisi ha consentito di far emergere importanti prove a carico non solo dell’uomo, ma anche di sua moglie di nazionalità filippina. Nel periodo in cui viveva all’estero, la donna – che faceva parte del network criminale – trasmetteva in diretta, dietro pagamento, video che ritraevano abusi sessuali nei confronti dei suoi due figli minorenni. Sono stati quindi emessi la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell’uomo, mentre per la moglie sono stati disposti l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e il divieto di espatrio. Le misure cautelari sono state eseguite dal personale del Centro per il contrasto alla pedopornografia e della Sezione operativa per la sicurezza cibernetica di Varese.

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