Percepivano stipendi sensibilmente più alti dei loro ‘colleghi’ di Casale gli affiliati-detenuti del clan Belforte di Marcianise, dai 3500 a salire in media contro i 1500-2000; ai capi, come Domenico e Salvatore Belforte, andava invece una quota mensile degli introiti, provenenti in particolare dall’estorsioni, tra i 40 e 50mila euro.

Emerge dalle indagini compiute congiuntamente dalla Squadra Mobile della Questura di Caserta, dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri e dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza. In particolare, nella pen drive sequestrata il 23 gennaio del 2007 all’allora cassiere dei Belforte Bruno Buttone, é stata trovata la contabilità del clan con tanto di entrate e uscite, una sorta di bilancio aziendale. Gli stipendi aumentavano in caso di condanna: così Antonio Rondinone, in carcere per una pena di 4 anni per estorsione, percepiva 3500 euro e, alla convivente che lo andava a trovare nel carcere di Ariano Irpino mostrava tutta la sua soddisfazione. “Questi non mi hanno abbandonato” notava. Un ergastolano come Giovanni Musone, responsabile dell’omicidio dei tre operai del Pastificio Russo di Pomigliano d’Arco scambiati per camorristi, avvenuto il 20 luglio del 1998, percepisce diecimila euro. Nel prospetto contabile sequestrato al “cassiere” del clan Bruno Buttone e che ha dato il via all’inchiesta che ha portato oggi all’arresto di 44 affiliati ai Belforte, compaiono anche le 350 aziende di Caserta e dei comuni limitrofi che negli anni hanno pagato il pizzo, solitamente nelle tre tranche di Pasqua, Ferragosto e Capodanno: vi sono in pratica quasi tutte le concessionarie d’auto ubicate su viale Carlo III, arteria che attraversa il capoluogo e i centri di San Nicola La Strada, San Marco Evangelista e Marcianise; vi sono decine di aziende edili, un gruppo industriale che si occupa di trasporti pubblici e privati, una multinazionale che produce pentole, imprese che operano nel campo dei servizi ambientali. Alcuni dei taglieggiati hanno collaborato con gli investigatori. Anche le ditte che ottenevano appalti pubblici non sfuggivano alle richieste estorsive dei Belforte: nel prospetto compaiono aziende che lavoravano presso l’ospedale di Caserta, o che realizzavano opere fognarie nei comuni di Marciaise e Capodrise. In quest’ultimo caso si era aggiudicato l’appalto una ditta di Casal di Principe, che aveva pagato la tangente a un esponente dei Casalesi che a sua volta l’aveva girata ai Belforte.

 

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