Una relazione di servizio da redigere per «pararsi il c.. dall’onda di m…che quando arriva sommerge tutti». È quanto afferma in un messaggio chat, citato nell’ordinanza cautelare, un ispettore, in servizio presso la Squadra Mobile ad una collega ispettrice del commissariato Primavalle, in relazione alla vicenda di Hasib Omerovic. Oltre all’arresto per tortura dell’agente Andrea Pellegrini, altri quattro poliziotti sono finiti nel registro degli indagati per le accuse di falso e depistaggio in relazione all’annotazione di servizio scritta dopo i fatti di via Gerolamo Aleandro nel quartiere Primavalle. Nel documento del gip si afferma che i due ispettori poco prima del messaggio inviato via WhatsApp avevano avuto un colloquio telefonico durante il quale l’agente ha raccomandato il collega «’di svolgere in modo accurato le indagini poiché le cose non stanno come hanno scritto gli operantì sottolineando anche l’insussistenza di valide ragioni che potessero giustificare, nel caso di specie, un accesso all’interno di una privata abitazione nei termini descritti». L’assistente capo Andrea Pellegrini, arrestato ieri con l’ipotesi di “tortura” per gli atti di violenza compiuti lo scorso 25 luglio nei confronti di Hasib Omerovic, aveva scattato delle foto. Immagini che per la procura di Roma sono un riscontro alle dichiarazioni rese dell’agente Fabrizio Ferrari che ha rivelato cosa fosse accaduto nell’appartamento di via Gerolamo Aleandro, durante l’intervento delle due pattuglie del commissariato di Primavalle, prima che Omerovic cadesse dalla finestra. Per il gip che ha disposto l’arresto di Pallegrini le immagini confermano che a Omerovic furono stati legati i polsi con il filo elettrico di un ventilatore strappato dalla presa della corrente. Pellegrini ha poi sfondato la porta della stanza da letto di Omerovic, sebbene quest’ultimo «si fosse prontamente attivato per consegnare le chiavi». Una volta dentro la stanza ha costretto il 38enne a sedere su una sedia e dopo avere strappato un filo della corrente del ventilatore «lo utilizzava per legare i polsi di Omerovic brandendo» ancora una volta «all’indirizzo dell’uomo il coltello da cucina, minacciandolo, urlando al suo indirizzo la seguente frase ‘se lo rifai, te lo ficco nel c…’ e »lo colpiva nuovamente con uno schiaffo e continuava ad urlare nei suoi confronti, dicendogli ripetutamente ‘non lo fare più».

«Ho provato un senso di vergogna» per non essere intervenuto e fermare quanto stava accadendo. È la giustificazione che l’agente che ha collaborato alle indagini sulla vicenda, ha fornito agli inquirenti sul fatto di non avere informato immediatamente i suoi superiori su quanto avvenuto nell’appartamento di Primavalle. Nell’ordinanza il gip della Capitale scrive che il poliziotto, testimone oculare, «ha riferito di essersi limitato a confidare alcune cose (la porta sfondata a un collega e gli schiaffi a un altro) e di essersi in qualche modo determinato a sottoscrivere la relazione di servizio, il cui contenuto non era corrispondente a quanto avvenuto, perché Pellegrini è pur sempre un suo superiore, di cui in qualche modo subiva il ‘pesò e gli atteggiamenti, e che soltanto quando la pressione delle notizie di stampa sulla vicenda si era fatta insostenibile aveva finalmente sentito l’esigenza di recarsi dal dirigente per “riferire le cose come erano andate perché in queste situazioni è inutile cercare di nasconderle”».

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