Esclusa dal posto di lavoro perche’ troppo bassa, una dipendente della Metro di Roma dovra’ essere risarcita per l’illegittima esclusione. Lo ha stabilito la Cassazione, bocciando il ricorso della metropolitana di Roma contro il reintegro di Barbara U. che, pur essendosi classificata in posizione utile nella graduatoria del concorso per l’assunzione con contratto di formazione lavoro quale ‘addetto alla stazione’, era stata esclusa dall’assunzione per deficit di statura in quanto alta m. 1.53 contro l’altezza minima di m. 1.55 prevista dal Decreto ministeriale n. 88 del 1999 emanato dal ministero dei Trasporti.
La donna, dopo alterne vicende giudiziarie, aveva ottenuto l’assunzione su disposizione della Corte d’appello dell’Aquila del 21 gennaio 2009. Contro la decisione, Metro ha fatto ricorso in Cassazione, sollecitando i giudici ad esprimersi sulla responsabilita’ dell’azienda “per essersi attenuta alle norme previste dal Decreto ministeriale e quindi per non avere disapplicato il regolamento che prevede i requisiti di assunzione, in particolare quello dell’altezza, in relazione alle mansioni rientranti nella qualifica messa a concorso, anche in deroga al D.M.”. La sezione Lavoro – sentenza 234 – ha bocciato il ricorso e ha osservato che legittimamente la Corte d’appello ha disposto l’assunzione di Barbara U. sulla base del fatto che “non si ravvisano ragioni che giustifichino la necessita’ di un’altezza minima, sotto il profilo della sicurezza dell’utenza e degli agenti addetti al servizio di trasporto, ovvero della capacita’ ed efficienza nell’espletamento del servizio stesso”. Di conseguenza, la Suprema Corte ha preso atto del fatto che il giudice del precedente grado “con un percorso motivazionale congruo ha ritenuto non legittimo, nella specie, il suddetto limite minimo di statura, con le conseguenti statuizioni al diritto all’assunzione e al risarcimento del danno”.