Terminata la giornata di repliche davanti alla Corte d’assise d’appello di Perugia per il processo ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher. L’udienza è stata rinviata a lunedì mattina per gli ultimi interventi. Quindi la camera di consiglio e la sentenza.

Prima che i giudici si ritirino sono previste le dichiarazioni spontanee degli imputati. Per l’omicidio di Meredith Kercher Raffaele Sollecito e Amanda Knox sono stati condannati in primo grado a 25 e 26 anni di reclusione (la sola americana deve rispondere anche di calunnia nei confronti di Patrick Lumumba). Nel processo d’appello i pg hanno chiesto per loro l’ergastolo. La loro assoluzione è stata invece sollecitata dalle difese. I due giovani si proclamano infatti innocenti. “Quando ho sentito nei tg la frase ‘crocifissa dai media’ ho pensato alla Stefanoni…”: a dirlo è stato il pg Giuliano Mignini replicando alla definizione utilizzata ieri dai difensori di Amanda Knox per la giovane americana. Il riferimento è stato alla biologa della polizia scientifica Patrizia Stefanoni il cui operato nell’inchiesta sull’omicidio di Meredith Kercher è stato al centro di intense polemiche. “Per Amanda è stato in parte così – ha detto ancora Miginin – ma dopo la sentenza di primo grado a oggi ci vuole un coraggio da leone per sostenerlo. E’ lei che ha a disposizione una struttura pubblicitaria costata un milione di dollari. Una cosa mai vista”. “Si è parlato di processo amandocentrico – ha sostenuto ancora il magistrato – ma sono stati loro (i due imputati – ndr) a stringere un patto d’acciaio per buttarla tutta contro il nero”. Mignini ha parlato di un terzetto formato “da due ragazzi di buona famiglia, con le spalle coperte, e da Guede, il ragazzo che deve pagare per tutti”. Mignini ha infine parlato di un “rischio di fuga all’estero al quale non sarà possibile rimediare più” in caso di assoluzione. “A voi l’onere – ha concluso Mignini – di difendere lo Stato sovrano”. ”Rudy Guede unico colpevole? Alle favole non ci crediamo e non ci dovete credere nemmeno voi”: lo ha detto, rivolgendosi alla Corte di Perugia, il pg Giuliano Mignini nella sua replica nel processo d’appello a Raffaele Sollecito e ad Amanda Knox per l’omicidio di Meredith Kercher in corso a Perugia. Il magistrato ha ribattuto cosi’ alle tesi difensive secondo le quali la studentessa inglese sarebbe stata uccisa da un solo aggressore. Mignini ha tra l’altro ricordato che Guede frequentava il campo di basket antistante la casa del delitto e l’Universita’ per stranieri, ma abitava anche non lontano da Sollecito. ”Quando ho sentito nei tg la frase ‘crocifissa dai media’ ho pensato alla Stefanoni…”: a dirlo e’ stato il pg Giuliano Mignini replicando alla definizione utilizzata ieri dai difensori di Amanda Knox per la giovane americana. Il riferimento e’ stato alla biologa della polizia scientifica Patrizia Stefanoni il cui operato nell’inchiesta sull’omicidio di Meredith Kercher e’ stato al centro di intense polemiche. ”Per Amanda e’ stato in parte cosi’ – ha detto ancora Miginin – ma dopo la sentenza di primo grado a oggi ci vuole un coraggio da leone per sostenerlo. E’ lei che ha a disposizione una struttura pubblicitaria costata un milione di dollari. Una cosa mai vista”. ”Si e’ parlato di processo amandocentrico – ha sostenuto ancora il magistrato – ma sono stati loro (i due imputati – ndr) a stringere un patto d’acciaio per buttarla tutta contro il nero”. Mignini ha parlato di un terzetto formato ”da due ragazzi di buona famiglia, con le spalle coperte, e da Guede, il ragazzo che deve pagare per tutti”. Mignini ha infine parlato di un ”rischio di fuga all’estero al quale non sara’ possibile rimediare piu”’ in caso di assoluzione. ”A voi l’onere – ha concluso Mignini – di difendere lo Stato sovrano”. ”Hanno ucciso per niente, ma hanno ucciso”: lo ha ribadito il Pg Manuela Comodi nella sua replica nel processo a Raffaele Sollecito e ad Amanda Knox per l’omicidio di Meredith Kercher. ”Sono giovani – ha detto il magistrato riferendosi agli imputati – ma anche Meredith lo era. Meritano il massimo della pena che per fortuna nell’ordinamento italiano non e’ quella di morte”.

 

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