E’ diventata definitiva la sentenza con cui lo scorso 25 febbraio i giudici di Milano hanno prosciolto per prescrizione Silvio Berlusconi accusato di corruzione in atti giudiziari per il caso Mills. Nessuna delle parti, né accusa né difesa, ha proposto ricorso in appello e, poiché i termini per impugnare sono scaduti oggi, il provvedimento di ‘non luogo a procedere’ è passato in giudicato.

“Era ora”, si è limitato a commentare Niccolò Ghedini. Si chiude così, per l’ex premier, un processo che è durato, tra una sospensione e l’altra, cinque anni. Un processo in cui la sua posizione è stata stralciata in attesa che la Cassazione si pronunciasse sul lodo Alfano e che ha visto, invece, l’avvocato inglese incassare una condanna a quattro anni e mezzo di carcere in primo e secondo grado per poi essere, nel 2010, anche lui ‘salvato’ per prescrizione dalla Suprema Corte, che comunque non ha negato le sue responsabilità. L’ex capo del Governo era accusato di aver corrotto Mills, considerato l’architetto del sistema off-shore di Fininvest, con un ‘regalo’ di 600 mila dollari in cambio di testimonianze reticenti ai processi milanesi per le tangenti alla Gdf e All Iberian. Per lui il pm Fabio De Pasquale aveva chiesto una condanna a 3 anni e 8 mesi di reclusione. Richiesta avanzata lo scorso 15 febbraio, proprio il giorno in cui, secondo i calcoli del presidente del collegio della decima sezione penale del Tribunale Francesca Vitale – che comunque ha ritenuto non ci fossero le condizioni per una piena assoluzione di Berlusconi – il reato era già stato cancellato dal colpo di spugna della prescrizione. Non così per la Procura: ci sarebbe stato ancora tempo o fino al 3 maggio, qualora il reato fosse stato commesso l’11 novembre del ’99, o fino alla meta’ di questo mese nel caso in cui il reato fosse stato commesso il 29 febbraio 2000. E proprio per la scure della prescrizione il dibattimento, negli ultimi mesi, ha subito un’accelerata: un calendario fitto di udienze da una parte e dall’altra l’interminabile interrogatorio – ha occupato giorni interi- del legale inglese che, a differenza di quanto era accaduto nel processo dove era imputato, in quello a carico dell’ex premier ha deciso, in videoconferenza da Londra, di presentarsi davanti a Tribunale. Una partita, insomma, che si è giocata sul filo del rasoio, a cui si è aggiunta una dichiarazione di ricusazione dei giudici proposta da Berlusconi il 27 gennaio e respinta il 23 febbraio. Una mossa, come ha scritto Francesca Vitale nelle sue motivazioni che “ha costituito l’ostacolo finale alla tempestiva definizione, almeno in primo grado, del processo”. In più, ha sottolineato, ha contributo la decisione del collegio che giudicò solo Mills, poiché quando entrò in vigore il lodo Alfano, separò la posizione del legale inglese da quella dell’allora Presidente del Consiglio – ‘congelando’ così il procedimento per il leader del Pdl – con “una scelta le cui ragioni, al di là della motivazione formale, restano sinceramente oscure”. E non solo: il magistrato ha attribuito anche una dose di responsabilità alla Procura e all’ufficio gip dovute alla “lunghezza delle indagini” e, per esempio, al “tempo intercorso tra il rinvio a giudizio (decreto del 30 ottobre 2006) e la data della prima udienza (13 marzo 2007), vale a dire quattro mesi e mezzo dopo”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui