Nel luglio 2010, al termine di una lite, uccise un collaboratore di giustizia campano che da poco aveva espiato la sua pena e concluso il programma di protezione. I giudici della I Corte d’assise d’appello di Roma, escludendo nei suoi confronti la recidiva contestata, lo hanno condannato a 15 anni di reclusione, cinque anni in meno di quelli inflitti all’uomo in primo grado.
Si e’ concluso con questa sentenza, il processo d’appello per Eduardo Corchettino Miceli, 61 anni, romano originario di Canicatti’, accusato di omicidio volontario per avere ucciso, ”con premeditazione e per motivi abietti”, Carmine Gallo, sparandogli contro diversi colpi di arma da fuoco, due dei quali mortali al collo e alla spalla sinistra. Era il 4 luglio 2010, quando, intorno a meta’ mattina, fra via Bistagno e via Cornelia, nel quartiere romano Aurelio, fu ucciso Gallo, conosciuto negli ambienti della criminalita’ organizzata con il soprannome di ‘O longo’. Testimoni all’epoca, secondo quanto si apprese, dissero di aver notato un autofurgone col quale, dopo l’esplosione dei colpi d’arma da fuoco, videro fuggire un uomo col volto sporco di sangue. Il furgone fu poi trovato nelle vicinanze. Miceli, impiegato in un’azienda di torrefazione, tempo dopo invio’ al pm una lettera contenente una sostanziale confessione – ne da’ conto il gup nelle motivazioni della sentenza – e dando la propria versione dei fatti, ovvero che si era legittimamente difeso dopo essere stato aggredito e colpito al volto. Non solo; sostenne anche di essere vittima di un’estorsione da Gallo (circostanza, questa, ritenuta non provata dal giudice di primo grado). Il gup Giovanni De Donato ritenne chiara la prova dell’omicidio volontario ma non quella sui motivi del delitto e sulle ragioni che portarono Miceli a circolare per strada armato di una pistola clandestina. Di qui la condanna a venti anni di carcere; sentenza adesso riformata in secondo grado, ridotta a 15 anni di reclusione.