I compagni di classe lo avrebbero deriso, insultato e bullizzato, creando una rete di angoscia e sofferenza nella mente di un 16enne – con deficit cognitivo – che due giorni fa ha tentato di togliersi la vita lanciandosi dal balcone di un terzo piano di un appartamento di via Baracca. Su questa ipotesi, terribile, stanno indagando i carabinieri, che hanno sequestrato lo smartphone del giovane per estrapolare i messaggi ricevuti negli ultimi tempi e sono ora sulle tracce degli amici che lo avrebbero indotto a compiere il gesto di autolesionismo. Il ragazzo, che frequenta un istituto alberghiero della provincia di Napoli, è un miracolato. La sua caduta è stata attutita dai balconi e dalle piante sottostanti. I medici non hanno ancora sciolto la prognosi, ma il giovane non è in pericolo di vita. Erano le 17 di mercoledì, quando Giuseppe (nome di fantasia) è precipitato dal terzo piano. Un volo di circa venti metri. In casa c’era solo la mamma, ma ad accorgersi per prima del tonfo sarebbe stata una residente di via Baracca, che ha prestato i primi soccorsi e ha sollecitato l’intervento del 118 e dei carabinieri della compagnia, distante poche centinaia di metri. Le indagini sarebbero già a buon punto. «Mi chiamano scorfano, mi dicono che sono una nullità, un poco di buono», avrebbe raccontato Giuseppe agli inquirenti. I carabinieri stanno eseguendo i rilievi sullo smartphone del ragazzo e procedendo con le altre attività investigative. Nelle prossime ore, il 16enne sarà ascoltato nuovamente, ma questa volta alla presenza di uno psicologo e di altri esperti. Negli ultimi giorni, secondo quanto raccontato dai suoi familiari, Giuseppe era particolarmente taciturno. Si era isolato, uno strano comportamento notato in primis dalla sorella maggiore. L’ipotesi di istigazione al suicidio, alla base dei primi atti d’indagine della Procura Napoli nord, fa presupporre che qualcuno potrebbe aver fatto precipitare – con parole, gesti, messaggi sui social o inviati sul cellulare – lo studente in uno stato di prostrazione tale da indurlo al gesto estremo. Non una video-sfida su TikTok, insomma, come era stato paventato almeno in un primo tempo ma reiterati atti di bullismo. Conclusi i primi accertamenti tecnici, partirà anche una intensa attività di «ascolto» nella cerchia dei familiari e degli amici più intimi, per cercare di comprendere chi siano i ragazzi che con il loro comportamento hanno influito in maniera dirompente sullo stato psichico del giovane.

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