Attesa e stallo, in vista dell’ennesimo colpo di scena. Sono questi i fili che uniscono l’ambasciata ecuadoriana a Londra, al n. 3 di Hans Crescent, con il resto del mondo. Al suo interno, resta chiuso da due mesi Julian Assange, assediato dalla polizia britannica e depresso da una quotidianita’ via via piu’ simile a quella di un detenuto. Fuori, proseguono le trattative per la soluzione del rebus diplomatico. Con una prima, timida apertura di Quito che, dopo aver concesso asilo al fondatore di Wikileaks, oggi si e’ detta disposta a trattare a patto che Assange non sia estradato negli Usa.

Secondi fonti diplomatiche, l’Ecuador sarebbe ”pronto ad accettare un impegno britannico e svedese affinche’, una volta che Assange avra’ incontrato la magistratura svedese, non sara’ estradato in un Paese terzo, e nello specifico negli Stati Uniti”. Il passo avanti di oggi, ”incoraggiato” dalla telefonata di ieri tra un alto esponente del Foreign Office e l’ambasciatore ecuadoriano, potrebbe agevolare i negoziati tra Gran Bretagna e Ecuador. Che, tuttavia, non nasconde la sua irritazione per la ”minaccia” di un’intrusione della polizia britannica nell’ambasciata. Un rischio giudicato ancora oggi ”persistente” sul quale, parlando alla radio, si e’ soffermato il presidente Rafael Correa, tuonando: ”Non hanno ancora capito che in America Latina non permettiamo piu’ i colonialismi?”. Piu’ lontano appare invece un accordo con la Svezia che oggi, per voce del premier Fredrik Reinfeldt, si e’ detta ”indignata” per ”l’inaccettabile” posizione di Quito. L’Ecuador, nel frattempo, lavora su piu’ tavoli cercando sostegno tra i suoi alleati sudamericani. In serata, a Guayaquil, il caso sara’ esaminato dall’Alleanza per i Popoli della Nostra America (Alba), di cui fanno parte anche Venezuela, Bolivia, Cuba, Nicaragua. Poche ore dopo, sempre a Guayaquil, tocchera’ all’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur) discutere del caso, che sara’ anche sul tavolo del vertice dei ministri degli Esteri dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa), previsto per il 24 agosto a Washington. Cresce, intanto, l’attesa per il discorso che domani Assange pronuncera’ dall’ambasciata. L’australiano, dopo 5 mesi, riapparira’ in pubblico alle ore 14, ma sulle modalita’ resta fitto il mistero. L’ipotesi piu’ probabile e’ che parli da un balcone dell’edificio, per evitare di essere catturato dai poliziotti che stazionano 24 ore su 24 davanti l’ambasciata impedendogli qualsiasi via di fuga. Chiuso in una delle dodici stanze della sede diplomatica, Assange puo’ usufruire di una doccia, un computer, una lampada, e un tapis-roulant. Per i pasti, il personale della delegazione ricorre alla piccola cucina delle sede, o, piu’ spesso, ai ristoranti vicini, dove giungono frequenti ordinazioni di pizza. Le visite di poche amici – tra i quali l’assistente personale Sarah Harrison e Vaughan Smith, che a lungo lo ospito’ a Norfolk – scandiscono la quotidianita’ di un Assange descritto come ”annoiato e depresso”. Un Assange che, lontano dalla luce del sole, al pianterreno di un edificio a due passi da Harrods, e’ riuscito comunque a tenere sotto scacco la diplomazia internazionale.

 

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