Un altro ‘No’ di Londra spariglia le carte a Bruxelles e rischia di mettere a repentaglio l’accordo sul futuro budget europeo, laboriosamente limato, ma evidentemente senza tener conto della proverbiale riluttanza del 27esimo partner. Come Margaret Thatcher, il primo ministro Tory David Cameron ‘rivuole i suoi soldi’ e non intende cedere sulla riduzione del ‘rebate’ che deriverebbe dal nuovo accordo. Invenzione davvero britannica il ‘rebate’.

Ad ottenerlo per prima fu la Lady di Ferro, l’ex primo ministro conservatore scomparsa ad 87 anni l’8 aprile scorso. E lo fece con un exploit che è entrato negli annali, ma che soprattutto ha modificato per sempre i negoziati nelle istituzioni europee. Nel 1984, al grido di ‘I want my money back’ (rivoglio i miei soldi) la Thatcher ottenne il cosiddetto ‘sconto britannico’, ossia un ristorno dei contributi a favore delle casse inglesi. Perché i soldi che Londra versava come contribuente nelle casse europee -lamentava- finivano per sovvenzionare l’agricoltura francese. Impensabile pagare per le politiche stataliste degli altri secondo la paladina del liberismo più puro. E anche in Europa chiedeva indipendenza, di mezzi e di intenti. Tre decenni dopo Cameron ripropone lo stesso schema e non manca di battere i pugni a Bruxelles. Lo promette al Paese ogni volta che si accinge a partire per la capitale delle istituzioni europee e talvolta ce la fa a tornate a Londra ‘vittorioso’. Come lo scorso febbraio, ma non senza l’aiuto della cancelliera tedesca Angel Merkel. In quell’occasione per la prima volta in assoluto è stato approvato un bilancio inferiore a quello del periodo precedente e un insolito asse Londra-Berlino era riuscito ad influire al punto da segnare di fatto il futuro di tutti i paesi dell’Ue per i prossimi sette anni. E questo accadeva proprio mentre in patria ancora si dibatteva sul discorso del primo ministro appena pronunciato in cui ha dettato la sua linea sull’Europa, promettendo ai britannici un referendum con un quesito chiaro ‘dentro o fuori’ l’Ue, ma non prima del 2017, nel caso in cui i conservatori verranno confermati alla guida del Paese con le elezioni del 2015 e dopo aver rinegoziato i termini del rapporto con Bruxelles. Aveva creduto così Cameron di poter tenere a bada la frangia più euroscettica del suo partito che non ha mai smesso di tirarlo per la giacchetta. Niente da fare, troppo di pancia sono i dubbi sull’Europa nel Regno Unito. Lo si è visto poche settimane dopo con un successo elettorale senza precedenti per l’Ukip, partito euroscettico che vuole diventare mainstream. A quel punto la ‘rivolta’ nel partito Tory non si è potuta più arginare, tra spinte, attacchi e defezioni . Il premier oggi ci riprova e lo fa da subito. Arriva al vertice agguerrito e dice che sul bilancio “é essenziale che ci atteniamo all’accordo di febbraio, l’Europa deve vivere con i propri mezzi come fa la Gran Bretagna, e tenere le spese sotto controllo”.

 

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