“Il sangue dei martiri non è stato versato invano. Il mondo ci ha seguiti durante la rivoluzione, vogliamo che continui a farlo in questo nostro percorso verso la democrazia. Allah Akbar! (Dio è grande!)”. Suonano a festa i clacson a Tripoli. Ed è davvero un giorno da celebrare per i libici,
tornati al voto dopo oltre quattro decenni per eleggere l’Assemblea Costituente. L’entusiasmo nella capitale libica è esploso subito dopo l’apertura dei seggi – alle 8 – ed è proseguito tutto il giorno, fino alla chiusura – alle 20 – con lunghe code ai seggi. In serata fuochi d’artificio, caroselli di auto e migliaia di persone festanti a Piazza dei martiri hanno messo il sigillo ad una giornata storica ed hanno mandato in tilt il traffico cittadino. L’affluenza è stata circa del 60%, secondo i primi dati resi noti dalla Commissione elettorale che ha parlato di 1,6 milioni di votanti sui 2,8 milioni aventi diritto. Anche se il giorno di festa è stato parzialmente offuscato dagli incidenti avvenuti in Cirenaica, ad Ajdabiya, dove un manifestante è stato ucciso e due sono rimasti feriti mentre tentavano di rubare un’urna da un seggio elettorale, e a sud di Bengasi, dove diversi seggi sono rimasti chiusi a causa dei disordini provocati dai militanti indipendentisti della regione. Dimostranti hanno anche appiccato il fuoco alle schede elettorali, ritardando le operazioni di voto. Sette persone sono state arrestate poi a Bengasi per aver sabotato un seggio, mentre al governo vengono mosse le prime critiche per “un piano di sicurezza che mostra chiari segnali di fallimento”, è stata l’accusa lanciata in una conferenza stampa per una prima valutazione di quanto accaduto. “Abbiamo avuto problemi in alcuni seggi ad Ajdabiya, a 150 chilometri da Bengasi”, ha detto Mohammed Shaban, uno degli osservatori di Bedaya, una ong libica presente sul territorio insieme agli osservatori internazionali. Il presidente della Commissione elettorale, Nuri al-Abbar, ha poi confermato che un centinaio di seggi è rimasto chiuso “a causa di alcuni atti di vandalismo”, assicurando poi che “tutti i libici che attendono dentro i seggi potranno votare, anche a costo di restare aperti fino a mezzanotte”. Per quanto riguarda i risultati, la commissione elettorale si dice ottimista e nella sua programmazione annuncia che già lunedì potranno essere annunciati quelli “preliminari”, mentre per quelli definitivi è stata prevista la data di mercoledì 11 luglio. Al di là di quanto accaduto in Cirenaica, la maggior parte dei libici ha considerato questo giorno “un momento storico”. “Siamo finalmente liberi. Non mi importa quale partito vinca. L’importante è che lavori per tutti: per uomini, donne, giovani. Insomma per una Libia unita”, dice Hawa Megerbi, al voto per la prima volta, come quasi tutti i libici. “Sono venuta presto per votare subito, ma se ci fosse stato da aspettare lo avrei fatto”, ha aggiunto mentre le auto continuano a suonare i clacson a festa e diversi ragazzi cantano l’inno libico alzando le dita sporche di inchiostro, a dimostrazione del voto avvenuto. “Non ci saremmo mai sognati un giorno come questo fino ad un anno fa”, dicono in coro scorrazzando per le strade di Tripoli. Dietro di loro un’altra auto, questa volta occupata da un gruppo di ragazze, suona il clacson mentre la bandiera libica, con la mezzaluna, sventola sul cofano. Di “elezioni storiche” e svoltesi “in un clima di libertà” ha parlato anche il rappresentante per la politica estera dell’Ue Catherine Ashton che ha salutato “l’inizio di una nuova era democratica” nel paese. Le ha fatto eco il ministro degli esteri di Londra William Hague che ha definito il voto “una tappa importante”. Il segretario al Foreign office si è congratulato con le autorità libiche per aver preparato la consultazione “in tempi così rapidi”. Con 3.700 candidati e più di 100 partiti in lizza è difficile fare pronostici sul risultato. La battaglia è tra moderati (coalizzati dall’ex premier del Cnt Mahmoud Jibril) e islamici (il Partito della Giustizia e la Ricostruzione dei fratelli musulmani e al-Watan, dell’ex capo militare Abdelhakim Belhaj), con questi ultimi dati per favoriti per via degli ingenti finanziamenti arrivati dal Qatar. Ma quello che conta è che il Paese abbia votato. “Per discutere di vincitori e sconfitti e delle lotte al potere, ci sarà tempo dopo. Ma qualunque sarà il risultato, questo è un giorno che noi libici non dimenticheremo”, dice una mamma mentre si allontana con i suoi due bambini dopo aver votato. Il dopo Gheddafi forse è iniziato veramente solo oggi.