Venti di guerra fra Siria e Turchia: Ankara ha risposto questa sera bombardando a piu’ riprese con l’artiglieria a ‘obiettivi siriani” lungo il confine a un colpo di mortaio sparato in zona dal territorio siriano – dove sono in corso combattimenti fra forze governative di Damasco e ribelli – e caduto nel pomeriggio nella cittadina turca di Akcakale, con un bilancio di cinque morti e numerosi feriti. La tensione si e’ fatta altissima fra i due vicini mediorientali dopo mesi di improvvise impennate e di periodi di relativa calma.

Mai come ora i due Paesi sono vicini ad un conflitto dalle conseguenze imprevedibili per tutta la regione. E nelle prossime ore il parlamento turco si riunira’ per valutare l’autorizzazione al governo a ordinare incursioni e ulteriori azioni militari, anche all’interno del territorio siriano, a ridosso della frontiera comune. Una riunione urgente della Nato si e’ svolta intanto nella notte a Bruxelles su richiesta della Turchia dopo un colloquio telefonico fra il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu e il segretario dell’Alleanza Anders Fogh Rasmussen. La riunione del Consiglio Atlantico, convocata in base all’articolo 4 del Trattato (che prevede l’obbligo di consultazioni tra alleati su richiesta di uno Stato membro che si senta minacciato dall’esterno), e’ sfociata in una dichiarazione di piena solidarieta’ ad Ankara e in un duro avvertimento a Damasco: con l’intimazione a un stop ”immediato” di quelli che vengono definiti ”atti aggressivi contro un alleato”. Da Washington, hanno fatto eco la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato, assicurando che gli Stati Uniti sono al fianco della Turchia e cogliendo la palla al balzo per sollecitare le altre potenze a spingere ora davvero per l’uscita di scena del regime di Bashar al-Assad. Nessuno ha tuttavia fatto riferimento a interventi militari internazionali, anche se il Pentagono ha usato toni pesantissimi, parlando degli ultimi incidenti come di un nuovo esempio del ”comportamento depravato” di Damasco. L’Onu, per bocca del segretario generale, Ban Ki-Moon, ha dal canto suo ammonito la Siria a rispettare i Paesi vicini. Mentre la rappresentanza di Ankara al Palazzo di Vetro ha denunciato il colpo di mortaio come ”una violazione flagrante del diritto internazionale” e ha chiesto al Consiglio di Sicurezza – che terra’ in giornata una seduta ad hoc – di assumere ”le azioni necessarie” per fermare ”simili atti di aggressione”. Da Damasco, il ministro dell’Informazione, Omran Zoabi, ha provato a placare gli animi promettendo un’indagine sull’origine del proiettile caduto in Turchia, rivolgendo le condoglianze al popolo ”amico” turco e assicurando che Damasco rispetta la sovranita’ dei Paesi vicini. Nel contempo Zoabi ha invitato Ankara a reagire con ”saggezza e razionalita”’, difendendo il diritto della Siria alla difesa della sua integrita’ territoriale e denunciando lo sconfinamento di ”terroristi” in territorio turco. La tensione fra i due Paesi, forte da mesi, resta in ogni modo alle stelle. Il premier islamico nazionalista turco, Recep Tayyip Erdogan, ha preso posizione fin dall’anno scorso contro l’ex amico Assad – le due famiglie andavano un tempo insieme in vacanza – e si e’ schierato con i ribelli siriani, di cui accoglie i dirigenti e che, scrive la stampa Usa, finanzia e arma. In risposta, secondo Ankara, Damasco sta dando nuovi appoggi e finanziamenti al gruppo separatista curdo Pkk, che da luglio ha lanciato una sanguinosa offensiva nel Kurdistan turco. Non e’ chiaro per ora quali ”obiettivi siriani” siano stati colpiti in serata dalla Turchia. L’ufficio di Erdogan, dopo una serie di riunioni d’emergenza con i vertici del governo e delle Forze armate, ha annunciato genericamente che Ankara aveva ”risposto all’odioso attacco siriano” e che la sua artiglieria aveva ”colpito obiettivi siriani individuati dai radar” nella stessa zona di confine. Da tempo, stando alla stampa turca, Erdogan valuta del resto d’imporre con la Nato una zona d’esclusione aerea su parte della Siria e un’area cuscinetto lungo il confine, come chiedono i ribelli. Secondo il sito israeliano Debka, si sarebbe scontrato in giugno con il ‘no’ del presidente Usa Barak Obama, ma in queste ore anche i toni delle Casa Bianca sembrano crescere d’intensita’. I paesi occidentali appaiono d’altronde sempre preoccupati dal ruolo che le centinaia – forse migliaia – di combattenti stranieri jihadisti ritenuti vicini ad Al Qaida svolgerebbero nella ribellione anti-Assad. Mentre nei giorni scorsi non e’ mancato un secco richiamo preventivo di Mosca a Turchia e Nato: diffidate entrambe dalla Russia – che ha una importante base navale sulla costa mediterranea siriana, a Tartus – a non cercare ”pretesti per una ingerenza” militare in Siria.

 

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