NAPOLI – L’accreditamento delle strutture sanitarie private ha permesso al sistema sanitario regionale di ampliare la rete di assistenza sui territori ma, come rovescio della medaglia, ha generato costi esorbitanti a cui le disastrate casse regionali non hanno potuto far fronte fino ad accumulare debiti che rischiano di mettere in ginocchio alcuni importanti gruppi sanitari.

Tra questi c’è il gruppo Petrone dove i dipendenti, preso atto dell’imminente licenziamento collettivo, hanno proclamato lo stato di agitazione dal 22 al 26 ottobre. Assemblee di un’ora alle quali sono stati invitati anche i genitori e gli utenti. A rischio per Cgil, Cisl e Uil sono circa 800 lavoratori che garantiscono 600mila prestazioni riabilitative all’anno ai cittadini.

La mobilitazione dei sindacati arriva a circa due settimane di distanza dalla lettera che i dirigenti del gruppo hanno inviato al sub commissario alla sanità Morlacco e al direttore generale dell’Asl Napoli 1 Ernesto Esposito, oltre che a Caldoro e Calabro.

Nel documento si chiede un intervento urgente perché “la situazione creditizia dell’Asl sembra essersi aggravata e i soci e il management non se la sentono di affrontare un altro anno senza regole e condizioni chiare da ambo le parti”. In caso contrario verranno interrotte tutte le prestazioni sanitarie e dal 1° novembre 800 persone (500 dipendenti e 300 collaboratori esterni) saranno senza lavoro .

Ma naturalmente, quando c’è la sanità di mezzo, a preoccupare è il calo dei livelli assistenziali soprattutto se di mezzo ci sono anche i bambini. Tra i centri prossimi alla chiusura, infatti, c’è anche il centro Flegreo con sede a Pianura che si occupa di assistere bambini afflitti da autismo e disturbi comportamentali. Famiglie che all’improvviso si troveranno a dover fare i conti con cambi di struttura, di terapisti aggravati dall’incertezza di non sapere quando sarà possibile iniziare questo delicato nuovo percorso.

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