“Volevo darle dei regali, lei si è rifiutata di prenderli. Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava sentendo con un altro ragazzo, Eric. Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei. Che mi sarei suicidato. Lei ha risposto decisa che non sarebbe tornata con me”. A raccontare quell’ultima sera Filippo Turetta, il giovane accusato della morte di Giulia Cecchettin, nel verbale di interrogatorio al pm, reso notodalla trasmissione Quarto Grado di Rete4. Nella confessione, resa al sostituto procuratore Andrea Petroni il primo dicembre scorso, Turetta ripercorre il suo legame con Giulia. “Ci siamo messi insieme nel gennaio 2022, abbiamo sempre avuto un bellissimo rapporto. C’era stata una mini crisi nel marzo 2023, ma dopo due settimane siamo tornati insieme”. Ricostruisce quindi la serata trascorsa al centro commerciale “La Nave De Vero” di Marghera, per fare shopping e cenare, fino alle 23. “Siamo tornati verso casa di Giulia – ha proseguito – ma ci siamo fermati in un parcheggio a Vigonovo, per non farci vedere. Era successo altre volte, era d’accordo. Volevo darle un regalo, una scimmietta-mostriciattolo. Con me avevo uno zainetto che conteneva altri regali: un’altra scimmietta di peluche, una lampada piccolina, un libretto di illustrazioni per bambini intitolato ‘I mostri si lavano i denti’. Lei si è rifiutata di prenderlo. Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava sentendo con un altro ragazzo, Eric. Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei. Che mi sarei suicidato. Lei ha risposto decisa che non sarebbe tornata con me. È scesa dalla macchina gridando ‘sei matto, vaff…, lasciami in pace'”. Turetta racconta quindi che era “molto arrabbiato. Prima di uscire anch’io, ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore, l’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava aiuto ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio. Mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo”. Sarebbe quello il coltello trovato rotto in un parcheggio durante le prime perlustrazioni dopo la denuncia di scomparsa della ragazza. Il racconto prosegue con il giovane che riferisce di aver preso Giulia “per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva. Ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore. In macchina lei ha iniziato a dirmi ‘cosa stai facendo? Sei pazzo, lasciami andare’. Era sdraiata sul sedile. Poi si è messa seduta. Si toccava la testa. Pensavo solo a guidare. Poi ho iniziato a strattonarla a tenerla ferma con un braccio. C’eravamo fermati in mezzo alla strada. Ho provato a metterle lo scotch sulla bocca. Non mi ricordo se se l’è tolto o è caduto da solo perché non l’avevo messo bene, è scesa e ha iniziato a correre. Anche io sono sceso. Avevo due coltelli nella tasca, e in auto dietro al sedile del guidatore. Uno l’avevo lasciato cadere a Vigonovo. Ho preso l’altro e l’ho rincorsa. Non so se l’ho spinta o è inciampata. Continuava a chiedere aiuto”. E qui la decina di coltellate che hanno ucciso Giulia. “Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia. Era rivolta all’insù verso di me. Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo. L’ultima coltellata che le ho dato era sull’occhio. Era come se non ci fosse più. L’ho caricata sui sedili posteriori e siamo partiti”, ha detto Turetta ai pm. Lo scotch per legare il corpo di Giulia Cecchettin acquistato “per attaccare il papiro di laurea”, i coltelli in macchine “perché avevo avuto istinti suicidi”, il cambio dei vestiti insanguinati “perché ne ho sempre uno con me”. Ma ha rinunciato a uccidersi nella fuga perché “i miei genitori speravano di trovarmi ancora vivo”: è la versione che Turetta dà al pm nell’interrogatorio del primo dicembre scorso. Turetta si riconosce nelle immagini ricavate dalle telecamere al distributore di benzina di Cortina d’Ampezzo. “I vestiti sporchi di sangue – ha precisato – li ho cambiati con altri che avevo in macchina. In auto ho sempre un cambio, coperte, qualcosa da mangiare, da bere”. Il giovane ha poi riepilogato la sua fuga verso il luogo dove ha abbandonato il corpo di Giulia Cecchettin, dicendo che avrebbe voluto togliersi la vita: “Sulla strada per Barcis mi sono fermato in un punto in cui non c’erano case, e sono rimasto un po’ lì. Ho provato anche con un sacchetto a soffocarmi, però anche dopo averlo stretto con lo scotch non sono riuscito, e l’ho strappato all’ultimo. Allora ho preso lei e sono andato a nasconderla”. Infine, la fuga verso la Germania. “Avevo un pacchetto di patatine in macchina – ha dichiarato – e una scatolina con qualche biscotto. Non ho mai comprato nulla da mangiare. I soldi che avevo li ho spesi per rifornimenti di benzina. Volevo togliermi la vita con un coltello che avevo comprato, ma non ci sono riuscito. Pensavo che se avessi fumato e bevuto sambuca sarebbe stato più facile suicidarmi, ma invece ho vomitato in macchina. Ho aperto Google Chrome, cercavo notizie che mi facessero stare abbastanza male da avere il coraggio per suicidarmi, ma ho letto che i miei genitori speravano di trovarmi ancora vivo e ho avuto l’effetto opposto. Mi sono rassegnato a non suicidarmi più, e ad essere arrestato”.

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