Filomena Claps domani sarà nell’aula del Tribunale di Salerno perché lì, dopo 18 anni, finalmente inizierà il processo sulla morte di sua figlia, Elisa. Non guarderà in faccia l’unico imputato, Danilo Restivo. Non lo guarderà neanche in un monitor tv,

visto che Restivo ha rifiutato di collegarsi in videoconferenza dal carcere inglese dove è stato condannato all’ergastolo per la morte di Heather Barnett, omicidio compiuto dalla “stessa mano di quello di Elisa”, dissero a giugno i giudici inglesi. Un “muro di silenzio”: è quello che al momento resta sulla lunga storia di Elisa Claps, iniziata 18 anni, quando scomparve dalla sua Potenza. La condanna di Restivo, per molti, appare scontata. Ma nei corridoi della Procura di Salerno, la frase che più spesso viene ripetuta sul caso Claps è “silenzio”. Anche oggi che si è a poche ore dal verdetto, forse già giovedì. Un silenzio che i pm neanche dopo 18 anni sono riusciti a spezzare: di chi ha ritrovato il corpo, di chi sapeva e ancora sa, di chi Danilo lo ha aiutato. E un silenzio anche di Restivo stesso visto che domani non ci sarà. Su quanto accaduto ad Elisa resta, dunque quanto lui disse durante il processo inglese: “Non l’ho uccisa”.

Davanti al gup Elisabetta Boccassini, i pm Rosa Volpe e Luigi D’Alessio, probabilmente chiederanno 30 anni: Restivo viene giudicato con rito abbreviato, che comporta da sé la riduzione della pena di un terzo, e per l’ergastolo non sembrano esserci margini visto che tutti gli altri reati a suo carico sono prescritti. Domani la procura ribadirà quanto da tempo dice. Da quando già nel maggio 2010 il Gip di Salerno, Attilio Orio, dispose l’arresto di Restivo. E i “più che gravi, precisi e concordanti indizi di colpevolezza” di allora, a cominciare da una ciocca di capelli che Restivo avrebbe tagliato a Elisa nella circostanza dell’omicidio, restano quelli di adesso. Indizi come il fatto che il cadavere di Elisa non fu mai spostato, come accertò l’autopsia eseguita dall’anatomopatologo Francesco Introna che disse anche che il corpo si è decomposto in quell’angolo del sottotetto. E indizi come il fatto che l’omicidio, come ha dimostrato sempre Introna, fu commesso il 12 settembre 1993, tra le ore 11.30 e 13.10.

Un lasso di tempo che coincide con il ‘buco’ nell’alibi di Restivo. Indizi ulteriormente rafforzati dalle perizie effettuate sui resti del corpo di Elisa, ritrovato il 17 marzo 2010 nel sottotetto della chiesa della SS Trinità di Potenza: in primis quella dei Ris di Parma e di Roma che hanno consentito di individuare la ‘prova regina’, il ritrovamento del Dna di Restivo sul corpo di Elisa. Il legale di Restivo, Mario Marinelli, ribadisce: “Danilo è innocente”. A chi gli chiede se in questi mesi abbia parlato con il suo assistito del processo Claps, il legale risponde “no, abbiamo parlato di altro”.

Non parlerà di prove e indizi ma dei sodali di Restivo, invece, il legale dei Claps, Giuliana Scarpetta. “Farò nomi e cognomi, quello di don Mimì Sabia, come di altri esponenti della Chiesa – dice – di coloro che forse sapevano e che non hanno mai detto nulla e che vogliamo vedere sul banco degli imputati”. Intanto proprio la Diocesi di Potenza, più e più volte tirata in ballo dai Claps in quanto “colpevole” di troppi silenzi, domani potrebbe costituirsi parte civile. Il legale Donatello Cimadomo, che nel corso dell’udienza preliminare annunciò tale eventualità, non si sbilancia: “Vedremo domani”. Netto il no del legale dei Claps: “Abbiano la dignità di non farlo”.

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