Rischia di dover lasciare per sempre la toga un magistrato a lungo in servizio nella procura di Rossano Calabro, su cui pesa un’accusa pesantissima: quella di aver scaricato da un sito Internet un file con contenuto pedopornografico e di aver conservato sui suoi computer, fisso e portatile, immagini di bambini nudi “ritratti in pose oscene e in attività sessuali anche con soggetti adulti”. A decidere la sua sorte sarà venerdì prossimo la Sezione disciplinare del Csm, che già da tre anni per questa stessa vicenda lo ha sospeso dalle funzioni e dallo stipendio. La contestazione che viene mossa a Paolo Remer – 48 anni, romano, sposato e con due figli – dalla Procura generale della Cassazione, è quella di avere leso con il suo comportamento la propria immagine di magistrato e di aver compromesso il prestigio dell’intero ordine giudiziario.
L’azione disciplinare a carico del magistrato era stata avviata quasi sei anni fa, dopo che la procura di Salerno lo aveva messo sotto inchiesta per detenzione di materiale pedopornografico; ed era stata sospesa in attesa dell’esito definitivo del procedimento penale, giunto nel marzo dell’anno scorso. In primo grado il tribunale di Salerno, il 4 novembre del 2010, aveva condannato Remer a 30 giorni di reclusione. Ma due anni dopo la Corte d’appello, accogliendo il ricorso del pm – che aveva ritenuto la pena inflitta troppo lieve – aveva triplicato quella condanna, portandola a tre mesi di reclusione; e questo nonostante avesse lasciato in piedi solo il reato di detenzione di materiale pedopornografico, dichiarando prescritto quello consistente nell’aver scaricato il file. Contro questa sentenza Remer – che ha sempre negato ogni addebito – aveva presentato ricorso in Cassazione, chiedendo l’assoluzione piena e lamentando violazioni di legge. Secondo il magistrato non solo non era stato dato il giusto peso ad elementi che avrebbero provato come da parte sua non ci fosse stata alcuna intenzione di scaricare quel genere di materiale; ma non c’era stata nemmeno nessuna verifica sull’esistenza di virus nei suoi computer che potesse spiegare l’accaduto. Ma la Suprema Corte a marzo del 2013 ha invece annullato senza rinvio la sentenza, dichiarando estinto per prescrizione anche il reato di detenzione di materiale pedopornografico. Una conclusione che però ora non libera Remer dal rischio di dover lasciare la toga, la più grave delle sanzioni previste dall’ordinamento giudiziario; sanzioni che – specifica la legge- si possono infliggere anche se il reato “idoneo a ledere l’immagine del magistrato” è “estinto per qualsiasi causa”.