PAGANI – I Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Salerno, agli ordini del Capitano Giuseppe Ambrosone, a Pagani, unitamente a quelli della locale Tenenza dei Carabinieri, hanno apposto i sigilli di sequestro ad una attività produttiva del posto, ed in particolare ad un impianto di recupero di rifiuti speciali non pericolosi. L’attività di polizia giudiziaria eseguita dai Carabinieri e che ha portato al sequestro preventivo odierno in esecuzione al decreto del GIP del Tribunale di Nocera Inferiore, dott. Alfonso Scermino, è stata coordinata dal sostituto Procuratore dott.ssa Marielda Montefusco, della sezione reati ambientali della Procura Nocerina, guidata dal Procuratore Capo Giancarlo Izzo.

La Procura della Repubblica ha anche emesso informazione di garanzia a carico del legale rappresentante della società interessata per le diverse violazioni emerse in ordine ai reati previsti dal D.L.vo n.152/2006 (codice dell’Ambiente). In particolare, a seguito dei controlli eseguiti dai Carabinieri del N.O.E., si è proceduto al sequestro preventivo, esclusi gli uffici amministrativi, di un noto impianto di recupero dei rifiuti speciali del tipo non pericolosi, con informazione di garanzia emessa dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Nocera Inferiore a carico del legale rappresentante per aver effettuato o comunque consentito lo scarico di acque reflue industriali nella pubblica fognatura, in assenza della prescritta autorizzazione (Art.137 D.Lgs 152/2006); per avere, inoltre, mediante l’installazione, non autorizzata, e l’utilizzo di un’apparecchiatura di triturazione, determinato una modifica sostanziale all’impianto, ciò in assenza della prescritta autorizzazione (Art.256 D.Lgs 152/2006). Infine, per avere installato ed attivato due impianti di triturazione, producenti emissioni in atmosfera, in assenza di autorizzazione (Art.279 D.Lgs 152/2006); in ultimo perché nonostante detenesse un serbatoio di gasolio con capacità di 5.000 l, nonché materie plastiche da lavorare in quantità di massa superiore a 5.000 kg e materiale di legno in deposito superiore a 5.000 kg, risultava sprovvisto del prescritto certificato di prevenzione incendi (Art.20 in rel. art.16/2° del D.Lgs 139/2006). Difatti, dagli accertamenti effettuati dai Carabinieri del N.O.E. presso la sede operativa della società è emerso che un impianto di triturazione mobile reperito nel piazzale di ingresso dell’azienda non rientrava tra le apparecchiature autorizzate nei provvedimenti abilitativi acquisiti dalla società per l’esercizio della sua attività; inoltre, per due impianti di triturazione, installati ed utilizzati, la società non aveva acquisito l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera così come ritenuto necessario dalla Giunta Regionale della Campania; ancora, sui piazzali risultavano stoccati ingenti quantitativi di rifiuti speciali nonché diverse attrezzature impiegate per il relativo recupero: il tutto era privo di adeguata copertura ed era completamente esposto agli agenti atmosferici, così che le acque di dilavamento di tali aree, trasportando con se elementi inquinanti dell’attività produttiva e miscelandosi con gli stessi, divenivano acque reflue industriali, dovendo pertanto essere autorizzate secondo la disciplina degli scarichi, autorizzazione mancante in capo alla società; nel caso specifico le acque venivano convogliate a mezzo di tubazione sottotraccia dapprima in una vasca di raccolta interrata, poi in una ulteriore vasca di decantazione per essere successivamente scaricate in fognature, senza alcun procedimento di depurazione. Infine, si accertava che l’attività della medesima società rientrava tra quelle per cui, ex DPR 151/2011, era richiesta la verifica di conformità alla normativa antincendio, e pertanto l’azienda difettava delle certificazioni di legge (oggi SCIA). Infine, il GIP ha poi proceduto alla nomina di un amministratore giudiziario anche al fine di impedire il totale arresto dello stabilimento e dell’attività d’impresa, con conseguenti ricadute negative sulla gestione economica della compagine e sui relativi livelli occupazionali, ma con il preciso compito di assicurarne la continuità operativa aziendale, salvo la rimozione delle irregolarità rilevate, immediatamente attivandosi per la cura di tutti gli adempimenti necessari a ricondurre a norma la condotta illecita, rimuovendo le irregolarità riscontrate. Il valore approssimativo dei beni sequestrati è di diverse centinaia di migliaia di euro.

 

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