Dopo essere stata spinta oltre la ringhiera del balcone al settimo piano del palazzo dove viveva, Aurora Tila ha tentato disperatamente di aggrapparsi alla ringhiera stessa, ma il fidanzato a quel punto l’avrebbe colpita ripetutamente sulle mani, con l’obiettivo di farla cadere. È la ricostruzione degli inquirenti, Procura per i minorenni e carabinieri del nucleo investigativo, di quello che è successo la mattina del 25 ottobre a Piacenza, quando la tredicenne è morta dopo un volo di circa otto metri. Il fidanzato 15enne è stato fermato lunedì per omicidio volontario. Il ragazzo risponde anche del porto di un cacciavite di circa 15 centimetri. In carcere a Bologna, oggi è in attesa dell’udienza di convalida. A inchiodare il giovane ci sarebbe, come anticipato da Repubblica e dal quotidiano Libertà di Piacenza, la testimonianza di una persona che ha raccontato di aver visto tutto. Il testimone che ha dato indicazioni ritenute decisive per la morte di Aurora avrebbe detto di aver visto il ragazzo indagato spingere giù Aurora dal balcone.

La visita della madre del 15enne in carcere
Al tribunale del Pratello, sono arrivati l’avvocato Ettore Maini e la madre del ragazzo che prima dell’udienza sono andati a trovare il minore all’interno del Centro di prima accoglienza, dove è detenuto. La decisione del giudice è attesa per il primo pomeriggio. Il ragazzo ha risposto alle domande del giudice e non si è avvalso della facoltà di non rispondere. “In questa fase – aveva detto l’avvocato difensore – parlando di minorenni non ritengo opportuno diffondere le sue ragioni: vale il principio della presunzione d’innocenza e merita rispetto il dolore dei famigliari di un adolescente, pure vittime di una tragedia”.

Al vaglio i telefonini
Intanto prenderanno il via domani le analisi sui dispositivi informatici, telefonini e altro, sequestrati nel corso dell’indagine sulla morte di Aurora. L’accertamento, secondo quanto si apprende, è stato disposto nelle forme dell’incidente probatorio e le parti possono nominare consulenti

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