“Finché morti non vi separi”, il nuovo spettacolo di Carlo Buccirosso, sta attraversando i teatri campani, facendo tappa in questi giorni al Teatro Augusteo. L’attore partenopeo, passando dal cinema alla tv, arriva alla sua quarta commedia teatrale, di cui è anche autore e regista.

La sua compagnia, in questa pièce, affronta argomenti delicati che ruotano tutti attorno ad una chiesa, intesa come comunità, in forte crisi, ma che si pone allo stesso tempo come problema e soluzione di mali moderni; e se ci si potrebbe allontanare da quel luogo perduto, tuttavia nessuno lo fa; è ancora lì che la famiglia italiana si ritrova, con le sue falsità ed ipocrisie, ed è ancora lì che l’odio fomenta nelle coscienze senza dare scampo ad un perdono annullato perché non visto e non voluto. E, così, tra il “munaciello” porta guai e esilaranti equivoci, riscopriamo un’Italia antica e sempre uguale a sé stessa, con risultati che possono anche divenire drammatici e forse neanche tanto sorprendenti.

E se non è facile, dunque, emettere sentenze, tuttavia questo teatro lo fa, prendendo per mano ognuno degli spettatori, intimandoli con forza a partecipare ad una preghiera collettiva, cercando adepti e conferme e lasciando a tratti attoniti e meravigliati, tutti davanti ad uno specchio, con solo i riflessi della propria coscienza, troppo tardi per scappare e troppo presto per andar via.
Nella comicità appassionata, nell’ironia che si fa impegno civile, in quelle parole non dette che fanno di  ciascuno complice più che semplice astante, pare di ritrovare il senso stesso del teatro. L’arte teatrale, aldilà dei dialoghi dai quali ci si poteva aspettare di più, trova in questa commedia un’alta forma espressiva.
Se volessimo, pertanto, definire il teatro di Buccirosso o lo stesso Buccirosso, “comico” o comunque fermarsi a tale termine, diverrebbe una debolezza e un tranello. Comicità vi è senz’altro, ma essa viaggia a braccetto, seppur non troppo, con un sarcasmo pungente ed amaro. Sarà lo stesso Don Guglielmo, interpretato proprio dall’autore napoletano, che, rivolgendosi al padre della sposa, lo accuserà di essere a tratti drammatico e addirittura apocalittico. E forse è proprio lì che si cela la vera anima di Buccirosso, in quella ricerca appassionata di pace, in quegli insegnamenti lasciati evaporare tra le bacheche della sua sagrestia, non tanto diverse da quelle di facebook, e che restano intrappolati nella scenografia, nel teatro e poi ancora fuori, nell’aria che avvolge chi assiste a questo spettacolo, assai difficile da dimenticare.

Nicola Del Piano

 

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui