«Notizia triste per me e per chi lo conosceva. Se n’è andato un altro pezzo di storia napoletana, un amico delle origini». È il regista e scenografo di De Filippo Bruno Garofalo ad annunciare sui social la morte di Sergio Solli, che si è spento oggi a Napoli all’età di 78 anni. Soli era uno degli ultimi attori ancora in vita della straordinaria scuola eduardiana, che ha consolidato le fondamenta del teatro non solo napoletano, ma italiano del Novecento. Una scuola fatta di duro lavoro sulle tavole del palcoscenico in attesa di cogliere il cenno di approvazione del maestro, Eduardo, severo e rigoroso ma anche di grande generosità. Solli, nato nei Quartieri Spagnoli, il teatro se lo portava dentro fino da piccolissimo e riuscì ad approdare alle scene dopo una giovinezza fatta di apprendistato da parrucchiere nel negozio del padre, nel quartiere Chiaia, al centro della Napoli «bene». Dopo una serie di tentativi amatoriali il grande salto: con la compagnia di De Filippo debuttò nel 1970, in “Questi fantasmi”, poi interpretò altri ruoli in “De Pretore Vincenzo” (1976), “Gli esami non finiscono mai” (1976), “Natale in casa Cupiello” (1977), “Le voci di dentro” (1978) e “Il sindaco del rione Sanità” (1979). Attore garbato, spesso spalla efficacissima dei mattatori, Solli aveva un senso innato del ritmo e dei tempi teatrali. Accento marcatamente napoletano e battuta pronta, ha dato carattere e spessore anche a ruoli non di primo piano. A partire dagli anni Ottanta Solli ha trovato spazio sugli schermi, in diversi film e serie televisive. Il grande pubblico lo ricorda come flemmatico spazzino in “Così parlò Bellavista” (1984), di Luciano De Crescenzo. Nel bene e nel male, esempio dello stereotipo del napoletano che lavora con tempi tutti suoi. Alla signora inviperita affacciata al balcone, che lo incita a pulire con cura ogni angolo del vicolo, lo spazzino Solli risponde piccato: «Poi passo pure la cera!». Con De Crescenzo interpretò anche “Il mistero di Bellavista” (1985) e “32 dicembre” (1988). È stato anche nel cast di pellicole di taglio più sperimentale, da “Morte di un matematico napoletano” di Mario Martone (1992) a “Pater familias” di Francesco Patierno (2003), fino all’incontro con Woody Allen, con un piccolo ruolo in “To Rome with love” (2012). Una vita tutta dedicata all’arte di recitare: «Era scritto nel destino» amava ripetere, anche se il suo destino se l’era costruito con fatica e orgoglio.

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