di Mario De Michele

Non c’è un bel nulla di cui meravigliarsi in una nazione dove un disoccupato diventa ministro del Lavoro, un fascista è a capo del Viminale e quindi presiede l’ordine pubblico, un personaggio mitologico, tale Renzusconi, si prende a calci nel sedere per anni con acerrimi nemici pentastellati e poi per non scollare il sederino dalla poltrona propone un governo con gli stessi “incapaci e populisti”, idea subito appoggiata dai dinosauri democristiani sopravvissuti a cento ere glaciali, ma se ci siamo abituati ai maleodoranti miasmi prodotti dall’acqua sporca che passa sotto i ponti della politica non è detto che siamo per forza costretti a non indignarci davanti a tutto. Anzi, nel nostro piccolo abbiamo il dovere di disgustarci di fronte agli speculatori della politica dell’associazionismo affaristico e dei finti legalitari di professione. Quelli che di giorno sfoggiano abiti lindi mentre di notte indossano i passamontagna. Per non perdere il senso dello stupore, che è il germoglio dello sdegno civico, abbiamo l’obbligo di non far disperdere nel ciclo dei rifiuti indifferenziati, sbocco naturale in un paese normale, la presa di posizione del fantomatico gruppo di Legambiente Casapesenna.

Da cinque anni, dopo aver perso con la puntualità di un orologio svizzero tutte le battaglie politiche (di lotte ambientaliste nemmeno la parvenza) contro l’amministrazione griffata Marcello De Rosa l’associazione virtuale, ridotta sempre più di rado a dare segni di vita solo attraverso Fb, finge di esistere. Ovviamente solo sui social. Nella realtà nell’ultimo quinquennio si è data alla totale latitanza e tuttora non è dato sapere chi ne sono i componenti e con quali ruoli. Ma la Rete spesso riflette ologrammi ed ecco che Legambiente Casapesenna si materializza, preservando la consistenza di un fantasma, arrogandosi il merito della bonifica della variante Casapesenna-San Cipriano d’Aversa. Nei giorni scorsi è spuntato un post Fb di rivendicazione dello straordinario risultato ottenuto. Naturalmente, è la norma in un mondo non capovolto, il sindaco De Rosa ha precisato che quel risultato è stato il frutto di un lavoro politico-istituzionale. Il 14 agosto 2015, gestione De Rosa, si riunì un tavolo, presieduto dall’allora commissario straordinario Cafagna (tanto elogiato dai fantomatici legambientalisti), composto dai Comuni di Casapesenna, San Cipriano e dalla Provincia di Caserta. A Legambiente, talmente era stimata, non fu concesso nemmeno il diritto di prendere la parola. Non fu nemmeno tanto facile consentire ai suoi membri di assistere all’incontro in curva sud, ultimo anello.

In un mondo non alla rovescia chiunque comprenderebbe che la bonifica di una strada con annessi e connessi (costi, appalti, lavori) può solo essere il frutto di un lavoro svolto dalle istituzioni locali e sovracomunali. Senza nulla togliere all’attività di stimolo delle associazioni serie, è fisiologico quindi escludere Legambiente Casapesenna. Il ruolo fondamentale delle amministrazioni locali fu riconosciuto dallo stesso Cafagna. Lui è una persona seria e corretta. Peraltro, atti alla mano, la giunta De Rosa con fondi comunali mise mano alla riqualificazione del territorio risanando via Sant’Aniello. Per far sentire la propria voce dall’oltretomba i desaparecidos componenti di Legambiente Casapesenna si sono fatti risentire sempre (che lo diciamo a fare?) via social commentando un articolo di Campania Notizie. Da stagionato professionista della legalità, tale Giuseppe Diana, esponente di spicco di un noto clan (nel senso etimologico) familiare, ha postato un commento e ha avuto la faccia di marmo di lanciare vergognose critiche nei nostri confronti. “Ma quale testata? Quella che raccoglie fondi pubblici e privati, sponsor e piaceri dai diretti interessati anche in conto terzi? Una vergogna senza limiti che mette strani pensieri…”. Sulle infamanti accuse di raccogliere “fondi pubblici e privati, sponsor e piaceri dai diretti interessati anche in conto terzi” Giuseppe Diana ne darà conto nelle aule di giustizia, luoghi familiari ai suoi familiari, scusateci il gioco di parole. Qualsiasi testata giornalistica al mondo (dal Times, a Repubblica, all’ultimo organo di informazione del mondo), si regge sulle inserzioni pubblicitarie e sulle visualizzazioni. In tutto il pianeta non è reato. È la norma.

Ma di webeti è invasa la Rete. Quindi con altri protagonisti ci saremmo passati sopra. È però inconcepibile e merita una risposta accurata che a impartire lezioni di legalità sia un soggetto come Giuseppe Diana dell’inesistente Legambiente Casapesenna. La ditta di sua moglie ha ottenuto diversi affidamenti (soldi pubblici) indovinate da quale ente? Il Comune di Casapesenna. Chi era il sindaco in carica? Marcello De Rosa. Per carità, tutto in regola. Ma non è la dimostrazione che il primo cittadino e la sua maggioranza non hanno fatto “figli e figliastri”? Un’altra ciliegia sulla torta dell’ipocrisia è la carica nel nucleo di valutazione ricoperta per circa sette mesi dal figlio di Giuseppe Diana. Anche in questo caso, tutto in ordine. Si tratta di un ottimo professionista. Ma in quale Comune ha svolto l’incarico? Quello di Casapesenna, ovviamente. Il clan (sempre in senso etimologico) Diana è composto da un altro nome noto alle cronache, Nicola. Il fratello di Giuseppe Diana è stato presidente della della “Terra di Lavoro”, società a totale capitale pubblico della Provincia di Caserta. Un carrozzone clientelare riempito di debiti. Ci risulta che Nicola sia anche indagato per frode ed è, questo è certo, cognato di Giovanni Cosentino, fratello del più famoso ex sottosegretario Nicola Cosentino. Per fortuna della comunità Nicola Diana, ex ingegnere, ora non ricopre cariche pubbliche. Si vede in giro a passeggio col proprio cane. Da legalitario doc sarà sicuramente munito di paletta e sacchetto per le deiezioni canine.

Per chiudere in bruttezza ci sovviene che Costantino Diana, padre dell’ambientalista duro e puro Giuseppe Diana, è stato chiamato in causa da diversi pentiti per l’interramento di rifiuti tossici ai tempi dei business dei Casalesi. La storia si ripete. Sul pulpito dei finti paladini della legalità salgono sempre i peggiori. Sempre pronti a puntare il dito. Se avessero un minimo di dignità quel dito dovrebbero ficcarselo altrove.

Mario De Michele

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