di Samuele Ciambriello*

Lo scorso 7 agosto un uomo E.V. di quasi trent’anni si è tolto la vita nel Carcere di Poggioreale, impiccandosi con un lenzuolo mentre i compagni di cella erano al passeggio nell’ora d’aria. Un episodio triste di per sé, la cui gravità è però accentuata dalla sequenza nella quale si colloca. E’ questo il terzo suicidio, in poche settimane, avvenuto nel più grande carcere della nostra regione. Nel mese di luglio altri due detenuti si sono tolti la vita in modo analogo. Il 28 luglio M.C, trentaquattro anni uomo, originario di Torre del Greco e il 25 luglio G. di 37 anni, originario di Marigliano, hanno disperatamente scelto di porre fine alla loro esistenza. Questo elenco di morte, già denso di dolore, si allunga se vi aggiungiamo altri tre decessi a partire da giugno per malattia, uno ciascuno nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, Napoli Secondigliano e Napoli Poggioreale. Confesso che anche solo a rleggere questi dati così scarni di esistenze interrotte mi coglie una profonda amarezza, personale prima di tutto, ma anche per il ruolo istituzionale che sono chiamato a ricoprire. Nel carcere, nonostante le promesse, gli interventi, gli sforzi di tutti gli operatori che vi lavorano, si continua a morire. A partire dal 2000, nelle carceri italiane sono deceduti 2.081 persone, 1.021 delle quali per suicidio, numeri che da soli ci dicono delle condizioni di chi è privato della libertà personale. Per quanto riguarda la Campania, vorrei solo offrire due elementi di riflessione, dal mio punto di osservazione, certo parziale, su quanto sta avvenendo. In primo luogo, stiamo tornando a livelli di sovraffollamento che rendono progressivamente più difficile intervenire e lavorare negli istituti di pena. Ad esempio, nel carcere di Poggioreale, sono ristrette 2.256 persone a fronte di una capienza di 1.659 posti, il che significa che ci si trova in una perenne condizione di sotto-organico di personale rispetto ai fabbisogni. E significa, inoltre che nelle celle affollate le condizioni di vivibilità di riducano sempre di più. D’estate poi, con il caldo e la riduzione delle attività formative, tutto si riduce alle ore di passeggio in un cortile di cemento.

Una condizione di sovraffollamento che riguarda tutta la nostra regione, perché nelle carceri della Campania vi sono 7.410 detenuti su una capienza complessiva di 6.161 posti. Questi numeri impediscono interventi che non siano svolti in condizioni di costante emergenza. Secondo elemento di riflessione, fatte salve diverse eccezioni, la lentezza istituzionale per interventi che contribuirebbero ad alleviare la situazione a volte è imbarazzante. Ne cito una per tutte, il caso del Carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove non ancora non siamo riusciti a far arrivare l’acqua potabile. Come è noto, il carcere (con annesse aule bunker a servizio del Tribunale) non è servito dalla rete idrica e l’approvvigionamento di acqua è assicurato mediante l’utilizzo di acque di falda ed un impianto di potabilizzazione, spesso mal funzionante. Questo problema, che è congenito alla costruzione del carcere e che si protrae da molti anni, sembrava potersi risolvere quando nell’agosto 2016 la Regione Campania ha stanziato 2.190.000 di euro per la costruzione della condotta destinati al Comune di Santa Maria Capua Vetere. Sono trascorsi due anni ed ancora, nonostante le risorse siano state assegnate, il Comune non è stato in grado di realizzare l’opera. O

ra, sono perfettamente consapevole che non è semplice trovare soluzioni in queste condizioni, né aiuta la scelta del nuovo governo di azzerare il dibattito che in questi anni aveva fatto trovare un punto di equilibrio tra esigenze di sicurezza e ricorso alle misure alternative. Però, come ha sottolineato il Garante Nazionale Mauro Palma il tema della della prevenzione dei suicidi non può essere ristretto alla riflessione e alla responsabilità solo di chi si trova a gestire in carcere ma “richiama alla responsabilità il mondo della cultura, dell’informazione e dell’ amministrazione centrale e locale perché la perdita di giovani vite a un ritmo più che settimanale sia assunta nella sua drammaticità come tema di effettiva riflessione e di elaborazione di una diversa attenzione alle marginalità individuali e sociali che la nostra attuale organizzazione sociale produce”. Per questo chiedo a tutti, ognuno per la sua parte, di assumersi l’impegno di riflettere ed intervenire. Per parte mia, rafforzerò gli interventi dell’ufficio del Garante e anche nella giornata del 15 agosto garantirò la nostra presenza attiva nelle carceri della Campania. Perché dobbiamo sconfiggere assieme l’indifferenza a questo stato di cose.

*Garante Campano delle persone private della libertà personale

 

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