di Mariano D’Amore*
Caro Direttore, mi ero imposto di non rilasciare dichiarazioni, per non creare turbative al PD e al centrosinistra aversano, nella delicata fase elettorale. Purtroppo, devo registrare che altri non hanno la stessa sensibilità. Negli ultimi giorni, c’è stata un’escalation di dichiarazioni pubbliche che non so a chi giovi. Prima Gatto, con un comunicato ufficiale, poi due interviste di Abbate e Caputo. A questo punto, mio malgrado, mi vedo costretto a intervenire.
Parto dai fatti. Innanzitutto, le mie dimissioni non sono per nulla un “fulmine a ciel sereno”, come dichiarato da Abbate. Il 4 aprile, all’indomani della presentazione delle liste, mi sono recato dal segretario provinciale e, alla presenza di un altro dirigente del partito aversano, gli ho rappresentato quanto era evidente a tutti: il Circolo di Aversa era stato “di fatto” commissariato nei giorni precedenti, da quando, cioè, Abbate e Caputo, calpestando due deliberati unanimi del Circolo e senza alcuna forma di consultazione degli Organi dirigenti locali, avevano investito della candidatura a sindaco l’avvocato Ferrara.
Tutte le fasi successive, dalla scelta di convergere sul candidato sindaco Cella, alla formazione della lista del partito, si sono svolte sotto la guida e la responsabilità diretta del segretario provinciale. Per senso di responsabilità, sono rimasto al mio posto fino al completamento degli adempimenti necessari alla presentazione della lista, ma il giorno dopo ho “preso atto” del “commissariamento di fatto”, comunicando ad Abbate la mia indisponibilità a continuare a svolgere, a quel punto solo formalmente, le funzioni di coordinatore del Circolo. In occasione di quell’incontro, peraltro molto cordiale, Abbate mi assicurò che mi avrebbe tenuto informato delle decisioni che avrebbe assunto per assicurare la gestione del Circolo nella fase elettorale. Non avendo ricevuto alcuna comunicazione nei giorni successivi, il 12 aprile mi sono limitato a ribadire per iscritto al segretario provinciale quanto gli avevo già comunicato verbalmente una settimana prima.
Sottolineo di aver inviato tale comunicazione solo al segretario provinciale e in forma di “riservata personale”, in quanto ritenevo inopportuno dare pubblicità alla notizia, come purtroppo è avvenuto successivamente, per iniziativa di altri. Il 13 aprile Abbate ha nominato il nuovo responsabile politico e organizzativo del Circolo (che sarebbe più corretto definire commissario) e due coadiutori.
Il sottoscritto lo ha appreso solo “a cose fatte”. Evidentemente, anche per questa scelta, Abbate ha ritenuto di doversi assumere la responsabilità di una soluzione non condivisa da tutto il partito, ma imposta da una parte, in continuità di metodo con le altre decisioni che ho sopra ricordato. Mi sono sforzato di uscire di scena seguendo un percorso corretto e senza alzare polveroni, nonostante sia convinto di avere ragioni da vendere e di poterle affermare a testa alta. Per questo, mi è ancora più difficile accettare il metodo utilizzato da Abbate e Caputo per tentare di motivare, con argomenti infondati, le loro scelte e scaricare sul sottoscritto presunte responsabilità.Nelle interviste rese alla Sua Testata, i due non esitano ad affermare che avrei operato, nelle mie funzioni di coordinatore del Circolo, in modo “personalistico”, solo per realizzare le mie “aspirazioni personali”. Ancora una volta lascio la parola ai fatti.
Ricordo che la proposta della mia candidatura a sindaco fu deliberata all’unanimità dal Coordinamento cittadino del partito, presenti Abbate e Caputo. Successivamente, quella indicazione fu confermata all’unanimità dall’Assemblea del partito. La candidatura raccolse il sostegno di SEL e del PSI, nonché della Federazione delle Autonomie e, in una certa fase, di altre forze moderate. I verbali delle riunioni e i giornali di quei giorni sono pieni di miei dichiarazioni nelle quali affermavo la mia assoluta disponibilità a fare un passo indietro in presenza di una candidatura alternativa, capace di unire una coalizione più ampia e più forte.
Infine, il 30 marzo scorso ho ritirato la candidatura, avendo verificato che sulla stessa non c’era più l’unanimità di consensi nel PD. Quello che Abbate e Caputo avrebbero potuto fare era, semplicemente, rispettare lo statuto del partito, portando all’approvazione degli Organi del Circolo di Aversa una proposta di candidatura credibile, capace di unire il PD e di tenere assieme una coalizione in grado di sfidare il centrodestra. Purtroppo, essi non l’hanno fatto, non solo dopo il ritiro della mia candidatura, ma anche in tutti i mesi precedenti.
La verità è che quel nome non si è mai trovato e la soluzione Ferrara, per i modi utilizzati per imporla e le conseguenze che ne sono scaturite, si è rivelata una tragica “avventura”, di cui Abbate, Caputo e il neo-commissario Gatto – e non certo i dirigenti del Circolo di Aversa – portano interamente la responsabilità. Credo che sia giusto rinviare ogni altra analisi a dopo il risultato elettorale, quando, numeri alla mano, potremo meglio comprendere l’effetto e le responsabilità di certe scelte. Potrei trovarmi d’accordo con Caputo quando afferma che “nessuno si può arrogare il diritto di usare il partito per aspirazioni personali”.
Certo, potrei…Se non fosse proprio il comportamento di Caputo e dei suoi sodali, alla guida del partito in provincia di Caserta, a fornire ogni giorno la più evidente negazione di questo sacrosanto principio di buona politica.
*Ex segretario Pd Aversa