di Mario De Michele
Da Roma a Napoli passando per Caserta. Il viaggio dei due principali partiti italiani (di questo passo ancora per poco) Pd e Pdl ferma alle stazioni dello sfascio politico. Si ripetono i soliti giochi di palazzo e di posizionamento, mentre nel Paese corre veloce, dal nord al sud, l’indignazione verso una classe dirigente mossa soltanto dall’istinto di sopravvivenza.
Di fronte al voto di protesta, chiara espressione di volontà politica (altro che antipolitica) incanalato nel Movimento 5 Stelle, i leader politici sembrano dei marziani. I loro sguardi inebetiti e le loro analisi segnalano il totale distacco dalla realtà. Chi li ascolta ha la sensazione, appunto, che vivano su un altro pianeta. Il Pdl di Alfano è un partito acefalo. Con Berlusconi in naftalina ha perso la sua indole carismatica e si è mostrato come un partito di plastica.
I tanti lifting del Cavaliere non possono più mascherare la realtà. Né la “tinteggiatura” dei capelli basta a ridare un tocco di giovanilità a un Pdl che appare sempre più vecchio e stantio, legato a logiche politiche preistoriche. Con l’allenatore-giocatore in panchina, che più volte ha vinto lo scudetto della politica italiana, i suoi secondi hanno inanellato una striscia di risultati negativi da portare il partito sull’orlo della retrocessione. Dopo aver condotto l’Italia, con il decisivo contributo del loro padre-padrone, nel baratro della recessione (qui da noi il partito con più tesserati è quello degli smemorati).
Ma se Sparta piange, Atene ha tutt’altro da ridere. Mentre il Belpaese va a carte quarantotto, il Pd esulta per la vittoria alle ultime amministrative. All’indomani del voto, l’impavido Bersani ha solennemente dichiarato: “Abbiamo vinto noi, senza se e senza ma”. Tralasciando alcuni dati elettorali, forse per lui irrilevanti: i grillini fanno eleggere due sindaci, uno a Parma; il nuovo che avanza, Orlando (Idv) annienta a Palermo il candidato dei Democratici. Non solo. Al segretario nazionale del Pd sfugge(?) che i due vincitori veri delle comunali sono, da un lato, il profeta della Rete Grillo, dall’altro, il partito dell’astensione, questo sì il primo partito italiano.
Nel mezzo l’imperituro Casini, che continua a difendere a ogni costo il governo Monti, inviso ormai anche ai figli e parenti stretti del premier e dei ministri. Il bel Pierferdinando non è nuovo a difese strenue e a ogni costo – lui le definisce senso di responsabilità – come avvenne nel caso di Totò Cuffaro, sulla cui innocenza dichiarò nel salotto buono di “Porta a Porta” di metterci “la mano sul fuoco e di trarne le conseguenze politiche” (cioè si sarebbe dimesso da segretario dell’Udc) in caso di condanna. Per sua sfortuna Cuffaro è stato condannato in via definitiva per mafia.
Ma da buon italiano lo smemorato Casini non è stato neanche sfiorato dall’idea di farsi da parte. Come biasimarlo: non si è dimesso per senso di responsabilità nei confronti del Paese. Senza di lui l’Italia avrebbe subito un danno irreparabile. Ci auguriamo di non essere etichettati come pericolosi eversivi o l’espressione dell’antipolitica se poniamo una domanda ai nostri politici: si comporta in modo responsabile chi, avendo portato il Paese sull’orlo della bancarotta, pretende ancora di dettare legge e imporre tasse per rimediare ai guai da lui stesso prodotti, o chi chiede che gli autori del disastro se ne tornino a casa a godersi la meritata pensione d’oro?
Insomma, affidare a Dracula la presidenza dell’Avis, per questi politici sarebbe un atto di responsabilità. Incredibile. Siamo alla psicopatologia politica. Dalle devastazioni politiche nazionali passiamo a quelle campane. Un salto nel buio? No, la situazione è nera, nerissima in cielo, in terra e in ogni luogo. E se possibile nella Campania (in)Felix è ancora peggio. Così come per i numeri anche al peggio non c’è mai fine. La ricetta per curare dalla crisi i cittadini campani, da decenni malati cronici, è prescritta da medici specialistici di provata esperienza: Pdl e Pd, poi ci sono i comprimari Udc, Nuovo Psi, Idv, Pse e altre sigle.
I campani sono in ottime mani, quindi. E lo stato di salute dell’economia ne è la dimostrazione palpabile. Per non tacere della sanità, dei servizi sociali, dei trasporti, della pubblica istruzione, e di qualche altro servizio essenziale che tralasciamo. Il primario Pdl è commissariato dopo le dimissioni di Cosentino, sotto inchiesta per camorra. Nitto Palma che gli è subentrato ha ottenuto il totale rinnovamento della classe dirigente napoletana, con l’elezione di Cesaro alla guida del Pdl partenopeo, dei vertici salernitani, con il tesseramento finito in Procura per brogli, e della direzione casertana, che per dare un forte segnale di novità non ha proprio celebrato il congresso provinciale (tanto era inutile cambiare tutto per non cambiare nulla).
Per non essere da meno – sarebbe stato un errore politico imperdonabile – Enzo Amendola, segretario regionale del Pd, sta facendo languire il partito in un torpore da far invidia anche agli orsi in letargo. Psicopatologia politica curata con benzodiazepine? Chissà. Un sussulto, però c’è stato – forse la terapia sarà stata interrotta per un breve periodo – quando in Regione si è profilata l’ipotesi di un accordo bipartisan, in nome del senso di responsabilità (ancora!), per contribuire tutti a riportare la Campania fuori dalle sabbie mobili della crisi (quando mai la Campania non è stata in crisi?).
Accordo bipartisan, sinonimo di inciucio nel vocabolario della politica, perseguito con inusitata caparbia dal capogruppo regionale Giuseppe Russo, con il probabile avallo di Amendola, visto che il petting per il congiungimento con il governatore Caldoro dura da un bel po’. Risultato? Con il passare del tempo i cittadini campani stanno peggio di prima. Al peggio non c’è mai fine, appunto.
Dulcis in fundo, o meglio in cauda venenum, la provincia di Caserta, denominata beffardamente anche Terra di Lavoro. Lavoro? Chi l’ha visto? Chiedere alle centinaia di migliaia di persone sul lastrico da anni, qualcuno da sempre. Qui, in Terra di non Lavoro, Pdl e Pd si sono superati. Non solo nella gara a perdere tra di loro, ma anche – e questa appariva un’impresa impossibile – rispetto ai livelli regionali e nazionali.
I berluscones, oggi alfanes, sono alle prese con una guerra tra bande che perdura da più di un anno. Divisi sulla sanità campana (Romano vs Polverino), spaccati sulla giunta (monca dallo scorso dicembre) in Provincia, in lotta per la celebrazione, mancata, del congresso, si sono scontrati finanche sull’ultimo vincitore del Festival di Cannes. Una corrente avrebbe preferito al film di Haneke, “Amour”, quello di Vinterberg, “The Hunt”; un’altra corrente, però minoritaria, sponsorizzava “The Angels’ Share” di Loach.
Ma il terreno di scontro disseminato di “morti e feriti” è quello della sanità. Una “responsabile” discussione sulle carenze del sistema sanitario e ospedaliero casertano? Macché. Un duello tra il presidente del consiglio regionale, Paolo Romano (Pdl), e il più votato dei candidati casertani pidiellini, Angelo Polverino. Motivo del contendere: la spartizione di posti all’Asl di Caserta. In sostanza, Romano avrebbe chiesto qualche direzione sanitaria (così dice Polverino), mentre Polverino (così dice Romano) avrebbe occupato tutte le direzioni sanitarie. Chi vincerà tra i due? Non lo sappiamo. Siamo però certi che perderanno tutti i casertani.
Ora consoliamoci con il Partito democratico di Terra di non Lavoro. Così democratico che tutti possono dire tutto e il contrario di tutto. E i risultati si vedono. Dopo aver raggiunto i minimi storici nelle amministrative, prima di Caserta, poi di Aversa (prime due città della provincia), sono proiettati, con i favori dei pronostici, verso un record imbattibile: arrivare ai numeri relativi. Anche su questo si registra una spaccatura tra le correnti del Pd: c’è chi si accontenterebbe del -5%; e chi invece aspira almeno a un -10%.
Nei democrat casertani non manca mai chi pensa in grande, anche a costo di apparire megalomane. Sulla scorta di queste previsioni già è partita la corsa alle candidature. Finora sono state opzionate solo le poltrone per Camera, Senato, Regionali, e Comunali di Caserta. Restano ancora libere quella per caposquadra della ditta di pulizie del circolo Pd di Ciorlano, e quella per coordinatore delle attività di attacchinaggio nelle competizioni elettorali. Su quest’ultima poltrona manca, però, una posizione totalmente condivisa. Se ne parlerà nel prossimo coordinamento politico provinciale. E non sono escluse clamorose sorprese.