di Pasquale Iorio*

Alla vista di chi si affaccia dalla terrazza del Santuario di S. Michele si presenta uno dei paesaggi più belli e surreali della nostra regione. Da un lato l’ampia conurbazione casertana, con al centro la splendida Reggia Vanvitelliana, con  tanti altri beni ambientali, storici ed artistici (come l’acquedotto Carolino dei ponti di Valle di Maddaloni). Dall’altro si evidenzia uno scenario spettrale, quello delle cave che da decenni stanno distruggendo e deturpando gran parte dei Monti Tifatini, con un danno irreparabile ad uno dei paesaggi più importanti, con il rischio di un vero e proprio dissesto idrogeologico. Chi si immette nella strada di accesso al Santuario trova una scritta che sembra ironica:” Inizio zona sacra”, che costeggia una delle cave più devastanti, quella denominata Vittoria della Cementir per estrazione del calcare. Lo stesso scempio si presenta nei pressi del Santuario della Divina Misericordia (S. Lucia) alle porte di Caserta. Nello stesso tempo alcuni impianti di escavazione si affacciano minacciosi sul villaggio della Fondazione Leo Amici, uno dei centri più importanti per l’accoglienza e la cura delle persone vittime di dipendenza (in particolare droga e ludopatia). Siamo in presenza di un classico esempio di uno sviluppo che crea contraddizioni e distrugge risorse a danno della comunità. In primo luogo priva i cittadini di uno dei diritti fondamentali previsti dall’Art. 9 della nostra Costituzione, quello che ci richiama alla salvaguardia, tutela e valorizzazione del paesaggio, come bene comune ed elemento distintivo dei valori fondativi di una comunità. Ancora una volta viene da chiedersi come mai di fronte a questo spettacolo le popolazioni e le istituzioni locali (a partire dai sindaci e dalle forze politiche dei comuni più interessati come Caserta, Maddaloni e Valle di Maddaloni) rimangono silenti ed inerti, lasciano perpetuare una tale sciagurata devastazione ambientale. In particolare chiediamo al Vescovo di Caserta e a coloro che curano i beni sacri dei due santuari, ma anche della Fondazione Amici di Leo di ribellarsi a questo scempio contro natura prima che vengano prodotti altri danni più pesanti. Infine, va detto anche da parte delle forze sane e produttive, del mondo del lavoro e della cultura (della stessa stampa), del terzo settore e del volontariato è giunto il momento di scendere in campo, di riprendere con più determinazione le lotte di denuncia e di proposte avanzate dai movimenti ambientalisti (come Legambiente ed Italia Nostra) su cui chiamare in causa anche livelli istituzionali  come quelli della Regione Campania e del Governo Nazionale. Per tutti si richiede un impegno ad essere cittadini più attivi e responsabili dell’uso del nostro territorio. E’ giunto il momento di fermare questo scempio con la chiusura delle cave e degli impianti industriali ad esse collegate (senza altre proroghe o sanatorie) – a partire dalla Cementir – per nuovi progetti di uso sociale e valorizzazione delle colline Tifatine e del patrimonio storico di cui sono testimonianza.

*Le Piazze del sapere

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