Gli avversari le riconoscono onestà, competenza e passione. Per i militanti del Partito democratico incarna la coerenza in politica. Anima libera del PD, alle Regionali del 2015, Lucia Esposito risultò la donna più votata in provincia di Caserta. Stavolta, punta a qualcosa in più. 

Che ruolo può svolgere la Regione nella fase post-Covid? 

«Un ruolo decisivo. La crisi sanitaria ha ribadito la centralità delle Regioni nella gestione dell’emergenza; una rilevanza amministrativa che rivedremo nella ricostruzione del tessuto sociale ed economico. Sarà fondamentale che Governo e Regione lavorino fianco a fianco per sostenere le fasce più deboli e fragili della popolazione, per investire bene le ricorse che arriveranno dall’Europa con il Recovery fund, per stimolare una ripresa vera e duratura». 

Lei pensa che la provincia di Caserta possa farcela? 

«Deve farcela. Ogni crisi, persino la più dolorosa, porta con sé delle opportunità: quella che stiamo vivendo rappresenta l’occasione, forse irripetibile, per ripensare ai nostri territori, così diversi e così ricchi, rispetto a un orizzonte regionale e nazionale; per immaginare soluzioni che diano slancio al turismo, al commercio, all’agricoltura, all’enogastronomia, alla formazione, alla cultura, alla manifattura, ai cantieri pubblici, all’edilizia privata».

L’emergenza sanitaria ha assestato un colpo durissimo all’economia. Da dove bisognerà ripartire? 

«Dal senso di comunità. Bisogna riprendere il cammino insieme: trovare la forza, e la troveremo, di esprimere con orgoglio e, forse, per la prima volta alla Campania e all’Italia cosa significhi appartenere a questa terra meravigliosa e maltrattata, cosa significhi rivendicare un’identità forte e un futuro sostenibile. Non c’è più spazio per gli improvvisatori, per i venditori di fumo, per i politici in bermuda, per l’odio a buon mercato. Caserta ha bisogno di persone all’altezza del compito e con una visione chiara. Confido nei cittadini: nei momenti difficili, sanno distinguere chi fa propaganda da chi fa sul serio».

Ci sono vicende come il Policlinico di Caserta che, però, scoraggiano gli elettori…

«Ha ragione. Serva uno scatto in avanti per tutta la sanità casertana. Occorre potenziare, da un lato, la medicina di prossimità, quella straordinaria rete di assistenza e di cura vicina al cittadino; e, dall’altro, realizzare grandi strutture di eccellenza, come il Policlinico. I casertani lo aspettano da troppo tempo: è un’opera strategica per l’intero territorio, che avrà ricadute positive sull’indotto e contribuirà a potenziare la facoltà di Medicina dell’Università Vanvitelli. Il presidente Vincenzo De Luca si è impegnato molto e ha provato a fare il possibile, ma il Policlinico ancora non c’è. I prossimi cinque anni saranno decisivi». 

Lei ha riportato al centro di questa campagna elettorale il tema delle donne. Perché? 

«Perché non è un tema minore o secondario. Occuparsi delle donne significa occuparsi delle famiglie, dei giovani. Garantire loro l’accesso all’istruzione, a un lavoro e a una paga dignitosi, alle cure mediche, così come la rappresentanza nei luoghi dove si decide, è una condizione necessaria per una società che ambisce alla prosperità economica e alla pace sociale. Poi, c’è il fenomeno, enorme, della violenza, che si vinca con l’educazione e con la sensibilizzazione, promuovendo modelli virtuosi e percorsi di consapevolezza. Nel frattempo, però, la politica deve investire soldi veri in strumenti dedicati alle vittime che vogliano raggiungere l’autonomia personale, abitativa, sociale e lavorativa. Ed io mi batterò per questo».

A proposito di giovani e lavoro. Esistono ricette per creare occupazione?

«È un tema che affronto sempre con grande pudore: ho tre figli adolescenti e comprendo le preoccupazioni di tanti genitori. Parto dai dati. La Regione Campania ha consentito a 2mila giovani di entrare nella Pubblica amministrazione e ha stanziato un miliardo di euro a sostegno delle PMI (le piccole e medie imprese), dei professionisti, degli autonomi e delle famiglie. Basta? Certo che no! Occorre un piano ancora più ambizioso. Nei prossimi cinque anni, saranno, in tutto, 10mila i giovani assunti negli enti pubblici; mi impegnerò affinché la provincia di Caserta veda riconosciuto il proprio valore produttivo e creativo». 

Facciamo un passo indietro. Quando è iniziato il suo rapporto con la politica? 

«Prestissimo, tra i banchi di scuola, alle Elementari: ho avuto due maestre che, tra un tema di Italiano e una lezione di Matematica, ci parlavano di emancipazione femminile, di ambiente, di inclusione sociale. Ricordo quando una di loro entrò in classe con gli occhi lucidi: era il 9 maggio del 1978; ci disse che avevano ucciso Aldo Moro. Non compresi la portata di quell’evento, ma capii subito che la politica era qualcosa che mi apparteneva. E lì decisi che avrei fatto qualcosa per la mia comunità».
E poi com’è andata?
«A 18 anni iniziai a frequentare la Democrazia cristiana; a 22 ero consigliera comunale della mia città, San Nicola La Strada, cui mi lega un rapporto speciale. Sono stata presidente del Consiglio comunale, assessora provinciale, consigliera regionale e senatrice della Repubblica. Da iscritta ai Popolari, ho seguito l’evoluzione dei cattolici riformisti italiani, aderendo alla Margherita e al Partito democratico, che ho contribuito a fondare». 

Come si se sente nel PD e perché bisogna votare De Luca?

«Credo nel Pd, che è l’unico in Italia ad avere un patrimonio di valori e un radicamento territoriale. Soffre troppo della mancanza di un legame vero tra i circoli, che si sentono isolati, e i vertici, ma in ogni grande famiglia c’è qualcosa da aggiustare. E la aggiusteremo. Quanto a De Luca, è un amministratore solido, con una visione chiara, ed è una persona che ama il Sud e ama la Campania. Nei momenti critici ha dimostrato di avere la forza di imporre la linea del rigore, non è da tutti».
Cosa si aspetta da queste elezioni?

«Più Caserta in Campania».

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