Avviata come elemento di confronto con il Movimento 5 stelle, la questione dei finanziamenti pubblici ai partiti finisce a carte bollate nel Partito democratico. Il tutto mentre Matteo Renzi e Pierluigi Bersani continuano a ‘duellare’ a distanza sui rimborsi. Ma a far volgere verso il brutto il barometro (e l’umore) dei democratici e’ stata la pubblicazione sul sito ‘Dagospia’ di un dossier sui costi interni al partito.
Quereliamo, e’ stata la replica immediata del Pd. Alla base delle questioni legali, pero’, c’e’ il fatto che il tema rimborsi si e’ rivelato un potente detonatore delle tensioni interne al partito, con in gioco il futuro stesso del Pd. Dopo il botta e risposta degli ultimi giorni sui finanziamenti, stamattina era stato il sindaco di Firenze a intervenire ma senza indietreggiare di un millimetro. Anzi: “Per me il finanziamento pubblico ai partiti va abolito. Lo dico dalle primarie. Ma adesso no alle polemiche interne al Pd: pensiamo all’Italia, non a noi”, ha scritto su Twitter. A seguire, in un intervento piu’ lungo su Facebook, Renzi ha poi spiegato: “Non so se abolire il finanziamento serva a far pace con Grillo; sicuramente serve a far pace con gli italiani che hanno votato un referendum e che anche alle elezioni ci hanno dato un segnale”, ha scritto il sindaco specificando: “Nessuno vuole ‘sabotare’ il tentativo di Bersani, anzi. L’Italia ha bisogno di un governo, prima possibile” ma “paradossalmente se Bersani accettasse di abolire il finanziamento ai partiti forse avrebbe qualche chance in piu’, non in meno, di farcela”.
A stretto giro e’ arrivata la replica del segretario: “Siamo prontissimi a fare una nostra proposta sulla rivisitazione del meccanismo del finanziamento pubblico. Ma non siamo dell’idea, come nessuno in Europa, che la politica vada data ai miliardari -ha spiegato-. Siamo pronti a trasferire tutto in una nuova logica di piccoli finanziamenti privati purche’ si riconosca che questo non basta, che bisogna mettere delle norme sulla trasparenza della vita interna dei partiti. Questo e’ irrinunciabile”. Per l’M5S, “poche, vaghe parole che lasciano intendere che Bersani non firmera’ la lettera-proposta di Grillo per rinunciare da subito ai 48 milioni di rimborsi elettorali”. Ma parallela alla ‘querelle’ sui rimborsi si e’ sviluppata (anzi, e’ esplosa) la questione sui costi del Pd. Dopo che lunedi’ era stato attribuito a Renzi un non ben definito report sulle spese sostenute dal partito (“non c’e’ nessuna attivita’ di dossieraggio. Se ci sono delle battaglie politiche da fare, uno le fa dicendo le cose in faccia”, aveva detto il sindaco), nel pomeriggio ‘Dagospia’ ha pubblicato un dossier con le voci relative alle principali strutture del partito: stipendi di dirigenti e impiegati, nomi, cognomi e cifre. La reazione del Pd non si e’ fatta attendere, affidata al tesoriere Antonio Misiani, non senza allusioni. “Piu’ che un dossier, siamo di fronte ad una patacca che contiene una quantita’ di informazioni errate e di cifre campate per aria -ha spiegato-. E’ una due diligence all’amatriciana (o, meglio, alla ribollita), verrebbe da dire. La cosa inaccettabile e’ che questa squallida operazione, la cui strumentalita’ e’ evidente, chiama in causa persone che lavorano e che meritano rispetto. Per questo, ho dato mandato ai legali di mettere in atto tutte le azioni necessarie in sede civile e penale contro gli autori di questo squallido dossier”.
Di querele ha parlato anche Matteo Orfini, che gia’ ieri aveva polemizzato a distanza con Renzi sui suoi compensi al Pd. Qualcuno ha tentato di gettare acqua sul fuoco, come Paolo Gentiloni: “Non vedo marette ne’ due diligence. C’e’ una discussione sui rimborsi”. Pero’ l’atmosfera tra i democratici si e’ fatta ancora piu’ pesante. Sullo sfondo, infatti, c’e’ il tentativo di far nascere il governo e un possibile ritorno alle urne. In questo contesto, l’attivismo di Renzi viene vissuto sempre con maggior fastidio da una parte del partito. Linee diverse, infatti, ormai sono emerse con chiarezza e stanno cambiando gli assetti interni al partito. Renzi ha ormai rotto ogni indugio. Il sindaco, che giovedi’ dovrebbe riunire i parlamentari che fanno riferimento a lui, sembra ormai piu’ che a bordo campo a scaldarsi. La prospettiva, per chi ancora avesse dubbi, l’ha chiarito oggi Graziano Del Rio al ‘Foglio’: “L’ipotesi di un governo appoggiato da Grillo non mi sembra solidissima” e “l’unica soluzione che vedo e’ votare a ottobre, per Matteo una data ammissibile”, ha detto. L’esame del calendario, chi e’ dalle parti del sindaco l’ha gia’ fatto da tempo e in modo da ‘dribbale’ il congresso del Pd che Renzi vede come fumo negli occhi. In modo da puntare direttamente a palazzo Chigi passando per primarie (ma solo quelle per la premiership). Il tutto mentre Bersani prosegue deciso verso l’obiettivo del governo del ‘cambiamento’, cercando una qualche sponda con il 5 stelle: “Se nessuno mette davanti all’altro qualcosa di inaccettabile, allora si vedra’ uno spazio enorme di cambiamento finalmente possibile”, ha scritto oggi il leader Pd a Adriano Celentano.