Manager di Stato e deputati: con un’azione congiunta del governo da una parte e del Parlamento dall’altra arriva un’altra sforbiciata ai costi della politica. L’esecutivo ha infatti approvato lo schema di provvedimento sui limiti massimi degli stipendi dei dipendenti pubblici, stabilendo che nessuno potrà superare il trattamento economico complessivo del primo Presidente della Corte di Cassazione.

E questo senza deroghe per nessuno, come invece previsto nel decreto ‘Salva-Italia’. L’obiettivo, avverte il premier, Mario Monti, è quello di “eliminare o quanto meno ridurre gli sprechi connessi alla gestione degli apparati amministrativi”. Con i tetto agli stipendi dei manager arriva però anche il taglio alle indennità dei vertici istituzionali: la Camera ha infatti deciso che taglierà del 10% l’indennità del Presidente Fini, dei vicepresidenti, dei questori, dei presidenti delle Commissioni parlamentari. E la stessa misura si appresta a prendere domani anche il Senato, decidendo uno stesso taglio per il Presidente Schifani e le figure apicali di palazzo Madama. Sui tagli Camera e Senato hanno infatti deciso di procedere in parallelo, per evitare disparità nei trattamenti di deputati e senatori. Allo stesso modo, quindi, viene deciso di avviare il nuovo regolamento che dal primo gennaio fa partire il calcolo della pensione dei parlamentari con il sistema contributivo, abbandonando il criterio del vitalizio. Un sistema che dovrà essere applicato anche ai dipendenti del Palazzo e che, per quanto riguarda Montecitorio comporterà un taglio apparente delle indennità di 1.300 euro. Un escamotage per evitare che i tagli ai costi della politica, con il conseguente adeguamento del trattamento pensionistico dei parlamentari a quello del resto degli italiani, determinassero invece che una riduzione un aumento dell’assegno mensile del deputato che sarebbe emerso a causa del diverso trattamento fiscale dei versamenti contributivi. Nel caso dei vitalizi, infatti, la trattenuta veniva tassata mentre i versamenti contributivi sono esentasse. Queste somme, in ogni caso, verranno depositate in un fondo a tutela di eventuali ricorsi. Alla Camera, e domani lo si farà al Senato, è stato inoltre deciso che potrà essere rimborsata in modo forfettario solo la metà dei contributi versati dal Parlamento per gli assistenti parlamentari. L’altra metà dovrà essere giustificata: “entro un mese” annuncia inoltre il questore della Camera, Antonio Mazzocchi, presenteremo una proposta di legge per regolamentare la figura dei cosiddetti ‘portaborse’. Quanto ai deputati, uno studio esaminato dall’Ufficio di Presidenza della Camera dovrebbe finalmente porre fine alla querelle sulla comparazione dei costi a livello europeo. I deputati italiani, con una media dell’indennità parlamentare mensile di circa 5.000 euro (escluse le diarie giornaliere) a fronte dei 5.035 euro dei colleghi francesi, dei 5.110,31 tedeschi e, addirittura, dei 6.200 euro dei parlamentari europei. Una soluzione è infine stata individuata dal governo anche per quanto riguarda i dipendenti collocati fuori ruolo o in aspettativa retribuita presso altre pubbliche amministrazioni: le retribuzioni per l’incarico non potranno superare il 25% del loro trattamento economico fondamentale.

 

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