Partenza difficile ma senza crollo per Piazza Affari: l’indice Ftse Mib dopo poco più di mezz’ora di scambi cede l’1,9% a 17.303 punti. Dopo un avvio in apnea tutti i titoli principali sono rientrati dall’asta di volatilità e il peggiore è Fonsai(-4,5%), seguito da Intesa e Ubi (-3,9%).

Male anche Unicredit (-3,7%) e Mediaset (-3,6%, con Mediolanum e Mondadori ritornate agli scambi con cali simili), mentre Mps cede il 3,4%. Netta controtendenza per Telecom, che cresce del 2,9%. Spread Btp scende poco sotto 280 punti – Lo spread Btp-Bund torna sotto i 280 punti base (279) e il rendimento del titolo decennale italiano è al 4,55%. Il differenziale tra i decennali di Spagna e Germania oscilla su 264 punti base e il tasso dei Bonos spagnoli è al 4,40%, con il divario tra Italia e Spagna a 15 punti base. Europa in calo con banche e auto, Londra – 0,9% – Le borse europee aprono in deciso ribasso, come nelle attese, guardando agli sviluppi della situazione politica in Italia e negli Stati Uniti. Milano, maglia nera, cede il 2%, Londra lo 0,9%, Parigi l’1,19% e Madrid l’1,98 per cento. Sono le banche e i titoli del settore auto i più venduti. UniCredit e Intesa Sanpaolo cedono oltre il 4%, Banco Popular Espanol il 3,3%, Bbva il 2,7%, Credite Agricole -2%, SocGen -2,25%. Tra le auto Peugeot -2,7% e Fiat -2,43%. Letta al Quirinale – Alle 19, dopo aver invitato scherzosamente la comunità di Sant’Egidio a dire ”qualche preghiera per l’Italia”, il premier Enrico Letta sale al Quirinale per studiare le mosse insieme al Capo dello Stato Giorgio Napolitano. E davanti ad ”un clima di evidente incertezza politica”, il Capo dello Stato definisce ”risolutivo” il voto di fiducia alle Camere, a partire da mercoledi’. I numeri di una nuova maggioranza si verificheranno solo in Aula ma nel Pdl è in atto un terremoto politico: mentre Silvio Berlusconi punta già dritto al voto, i suoi 5 ministri si dissociano dalla deriva ”estremista e radicale” e il partito, dove i falchi sembrano aver preso il sopravvento, è spaccato. Nella crisi al buio, dopo la decisione del Cav di ‘dimissionare’ la delegazione Pdl al governo, chi ha le idee chiare è il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Siamo in una fase un po’ criptica – ammette durante la sua visita a Napoli- Io cercherò di vedere se ci sono le possibilità per il prosieguo della legislatura”. E cita il precedente del secondo governo Prodi, quando il Professore senza dimettersi andò alle Camere a chiedere la fiducia, come possibile via di uscita. Perchè l’unica preoccupazione di Napolitano è la necessità ”di stabilità e continuità nella direzione politica del Paese e nel funzionamento delle istituzioni parlamentari” per risolvere i problemi gravi del paese. Difficile che gli obiettivi del Capo dello Stato incrocino più Silvio Berlusconi che liquida il valore della stabilità ”come un bluff come era lo spread”, rinvigorito per la nuova battaglia che lo attende, guarda alla campagna elettorale. Ma le ragioni di Berlusconi aprono una frattura dentro il Pdl che fa sperare il premier Enrico Letta. Ad uno ad uno, pur con toni diversi, i 5 ministri del Pdl, insieme a esponenti di spicco come Maurizio Sacconi e Fabrizio Cicchitto, prendono le distanze dal diktat arrivato ieri di dimettersi, minacciando di non entrare in una Fi a trazione dei falchi. Prima il ministro Beatrice Lorenzin, poi Gaetano Quagliariello escono allo scoperto sostenendo di non riconoscersi ”in una destra radicale”. Più netto Maurizio Lupi che, non riconoscendosi ”in un movimento estremista in mano agli estremisti” chiama Angelino Alfano a ”mettersi in gioco per una buona e giusta battaglia”. E nel pomeriggio, anche il segretario Pdl si smarca, pur con toni moderati: ”Se prevarranno intendimenti estremistici, il sogno di una nuova Fi non si avvererà. So bene che quelle posizioni sono interpretate da nuovi berlusconiani ma, se sono quelli i nuovi berlusconiani, io sarò diversamente berlusconiano”. E per ultima, chiede uno ”stop ai radicalismi” anche il ministro Nunzia De Girolamo. E’ presto per dire se il dissenso si tradurrà nella fiducia al governo Letta al momento del voto. Letta, punto a fiducia non per continuare 3 giorni – “Non ho intenzione di governare a tutti i costi”.

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