Del valore della stabilità politica Enrico Letta è sempre stato convinto assertore. Ora però quantifica in temini concreti: “Se facciamo le scelte sbagliate queste costerebbero da qui alla fine dell’anno un miliardo, un miliardo e mezzo”. Un costo che graverebbe però non sui responsabili, ma “sui cittadini e le imprese”, in termini di maggior servizio del debito. E nel clima di questi giorni, basta poco: i riconoscimenti internazionali ai sacrifici degli italiani arrivati da ultimo anche al G20 “possiamo rovinarli in un attimo: basta che buttiamo via la stabilità conquistata con fatica e torniamo facilmente in condizione di grandissima difficoltà”.
L’avvertimento – spiegano dallo staff del premier – “è a 360 gradi”, non solo a chi nel Pdl agita la crisi. Perché i costi dell’instabilità per i cittadini resterebbero sempre gli stessi, a prescindere da chi fosse il responsabile. E questo è l’unico accenno che da palazzo Chigi si fa rispetto alle voci di queste ore, di una parte del Pd interessata ad accelerare la crisi per evitare il congresso del partito. O, dipende dai casi, per poter correre per palazzo Chigi. Ma più di questo non si dice. Anzi, rispetto alle critiche esplicite di Matteo Renzi, i riferimenti alla “seggiola” di Letta, l’evocazione di Andreotti, le accuse di “immobilismo” del governo, i collaboratori del premier scelgono la linea morbida: “Essere efficaci nell’azione di governo è quanto più abbiamo a cuore. Dunque al di là dei toni accogliamo questi suggerimenti”. E si richiama la convinzione di Letta che “chiunque si candiderà al congresso lo farà a sostegno di questo governo”.
Anche perché l’alternativa, ha ammonito lo stesso Letta parlando in Senato, è scaricare sugli italiani un costo insopportabile in questo momento: “Al G20 di San Pietroburgo è arrivata la conferma che seppur con tanta fatica l’economia mondiale sta uscendo dalla crisi. Per la prima volta non si è discusso di salvataggi, di debiti sovrani, di fibrillazioni dei mercati, ma di crescita, sviluppo e lavoro”. Ma soprattutto “per la prima volta l’Italia non è stata trattata da sorvegliato speciale, da pericolo per l’economia mondiale”. Anzi: “Siamo arrivati forti del lavoro collettivo svolto in questi mesi e in questi anni, e dei tanti sacrifici fatti con fatica dagli italiani. E siamo stati promossi per i risultati raggiunti”. Tuttavia, è il monito del premier, “questo riconoscimento possiamo rovinarlo in un attimo: basta che buttiamo via la stabilità conquistata con fatica”.