Difficile che gli obiettivi del Capo dello Stato incrocino più Silvio Berlusconi che liquida il valore della stabilità ”come un bluff come era lo spread”, rinvigorito per la nuova battaglia che lo attende, guarda alla campagna elettorale. Ma le ragioni di Berlusconi aprono una frattura dentro il Pdl che fa sperare il premier Enrico Letta. Ad uno ad uno, pur con toni diversi, i 5 ministri del Pdl, insieme a esponenti di spicco come Maurizio Sacconi e Fabrizio Cicchitto, prendono le distanze dal diktat arrivato l’altro ieri di dimettersi, minacciando di non entrare in una Fi a trazione dei falchi.

Prima il ministro Beatrice Lorenzin, poi Gaetano Quagliariello escono allo scoperto sostenendo di non riconoscersi ”in una destra radicale”. Più netto Maurizio Lupi che, non riconoscendosi ”in un movimento estremista in mano agli estremisti” chiama Angelino Alfano a ”mettersi in gioco per una buona e giusta battaglia”. E ieri pomeriggio, anche il segretario Pdl si è smarcato, pur con toni moderati: ”Se prevarranno intendimenti estremistici, il sogno di una nuova Fi non si avvererà. So bene che quelle posizioni sono interpretate da nuovi berlusconiani ma, se sono quelli i nuovi berlusconiani, io sarò diversamente berlusconiano”. E per ultima, chiede uno ”stop ai radicalismi” anche il ministro Nunzia De Girolamo. E’ presto per dire se il dissenso si tradurrà nella fiducia al governo Letta al momento del voto.

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