“La nascita di un’aggregazione moderata che si richiami al Ppe è necessaria e urgente, ancor più dopo il ritorno di Berlusconi”, ma al momento questo progetto “non si capisce cosa sia. O è più ambizioso, o rischia di essere percepito come un cartello di sigle, con l’unico minimo comun denominatore dell’agenda Monti”. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, propone a Montezemolo e Casini di “coinvolgere la pubblica opinione”.

Se “il raffronto col successo delle primarie del Pd non si può fare”, spiega in un’intervista al Corriere della Sera, comunque “vale la pena tentare: ricorriamo alla Rete, ai gazebo o alle strutture di partito, ma facciamo un’iniezione di partecipazione”. “Un referendum consultivo di indirizzo su alcuni punti programmatici può attirare i delusi del Pdl”, afferma Fini. I temi sarebbero “i nuovi capitoli dell’agenda Monti. Punto primo, vogliamo più o meno integrazione europea? Dobbiamo fare il punto sul Titolo V della Costituzione, interrogarci sulla legge di cittadinanza e il riconoscimento delle coppie di fatto, valutare l’incandidabilità per chi è stato condannato in primo grado per reati particolarmente gravi…”. Sul fronte dei parlamentari, “si potrebbe allegare un’altra paginetta con un elenco, poniamo, di quaranta candidati”, prosegue Fini. “L’elettore ne sceglie venti e poi, magari, indica altri cinque nomi fuori lista”. Parlando di Montezemolo, “se scende in campo sono felice. Ha fatto una bella convention, ma ora bisogna passare alla fase successiva per vedere se l’incontro tra società civile e politica è possibile”, dice Fini. Quanto alle accuse di portarsi dietro troppa nomenclatura, “Monti, lo dico con orgoglio, non è arrivato a Palazzo Chigi per un evento soprannaturale. Dividersi tra civici e politici è la cosa più stupida che si possa fare”.

 

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