«Sono felice di essere qui, in un luogo così simbolico della città. La nostra sfida è far mantenere a Napoli la centralità che merita, perché sia un motore per il Paese. Obiettivo è colmare i divari territoriali ormai insopportabili». Il premier Mario Draghi risponde all’appello del sindaco Gaetano Manfredi e, in una cerimonia blindata al Maschio Angioino, firma il Patto per Napoli: si impegna a rimuovere gli ostacoli per lo sviluppo possibile. Nella sua prima visita in città, il presidente del Consiglio porta subito in dote 54 milioni di euro («L’investimento più significativo, il governo vuole mettere i Comuni in condizione di poter programmare con maggiore serenità la crescita delle loro comunità». Ma «i soldi non posso essere sprecati», bisogna fare «il salto di qualità nella spesa») e un’intesa che consente di evitare il dissesto e di rilanciare i servizi, innanzitutto quelli sociali, destinati ai più fragili. Ma Draghi cita pure progetti specifici: Ponticelli e le altre periferie come Marianella, palazzo Fuga, la metropolitana. Un altro impegno consiste nel «promuovere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro»; e sostenere i giovani perché possano realizzare i sogni nella loro terra. Standing ovation e stretta di mano suggellano l’accordo. Al premier viene consegnata anche una statua di San Gennaro di Lello Esposito.

«È una giornata di ripartenza che mi dà una ulteriore responsabilità, Napoli torna al centro della politica nazionale», ribadisce Manfredi, che indossa la fascia tricolore, ringrazia il premier e spiega: «La firma del Patto rappresenta un momento fondamentale per il rilancio dell’azione amministrativa e la costruzione di un futuro migliore per la nostra città. La situazione attuale si riassume in un quadro desolante. Condizioni di bilancio drammatiche con il più alto debito pro-capite di Italia e un elevato squilibrio nelle partite correnti». E, per il primo cittadino, è anche una vittoria personale con toni pacati quasi imposta prima di accettare la candidatura per il centrosinistra: il 18 maggio 2021, in una lettera indirizzata a Enrico Letta e Giuseppe Conte, l’ingegnere ed ex ministro aveva portato all’attenzione nazionale i cinque miliardi di passività che rendevano qualsiasi impresa impossibile al di là del verdetto elettorale. «Senza l’aiuto del governo, non si può gestire». Lo Stato c’è. «Adesso tocca a noi dimostrare di essere all’altezza della sfida, come Istituzioni e come cittadini. È possibile ricostruire Napoli soltanto attraverso uno sforzo collettivo. Ora siamo chiamati a compierlo, con la consapevolezza di non essere più da soli e la certezza di riprenderci il posto che meritiamo: una grande città porta dell’Europa sul Mediterraneo», avverte Manfredi.

Il Patto non è simbolico. Napoli oggi incassa la prima tranche: 54 milioni per il 2022, 1,2 miliardi in 21 anni a fondo perduto previsti nella legge del bilancio voluta dal parlamento. In cambio, si impegna a riequilibrare il bilancio con diverse misure già indicate e allo studio: l’aumento dell’addizionale Irpef, una nuova tassa sugli imbarchi, la vendita degli immobili, un energico piano per recuperare i crediti non riscossi (ben due miliardi, «ma tenendo conto della situazione sociale», precisa Baretta; mentre il sindaco anticipa che punta a realizzare un bando internazionale) e la riorganizzazione delle società partecipate, entro settembre, ma da subito chiamate anche a rafforzare i servizi come il trasporto dei disabili. I finanziamenti vengono, infatti, destinati innanzitutto ai più fragili e alle periferie. Un obiettivo è potenziare il servizio di assistenti sociali, la cura del verde, la manutenzione. Un nodo restano i trasporti, per la carenza di personale e risorse per gestirli. Le difficoltà nella spesa corrente sono note, vanno oltre i grandi investimenti programmati con il Pnrr.

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