Mia Farrow: “Con il mio ex marito ci eravamo innamorati a prima vista. Forse gli dovevo dare una seconda occhiata…”. Il Pd ha dato una seconda occhiata a Gennaro Oliviero. Guardando a fondo è venuto a galla il peggio del presidente del consiglio regionale della Campania. Gestione padronale del partito e produzione industriale di tessere. La storia politica delle persone non mente mai. Proviene dal Psi. A Caserta non esistevano i socialisti. C’era Oliviero. Punto. Monarca riverito da una folta schiera di cortigiani. Ha il copyright del Psi. Lo utilizza a suo piacimento. Viene eletto due volte in consiglio regionale. Liste ad personam. Il primo posto sempre a suo appannaggio. Gli altri facevano numero. Portavano voti per far scattare il seggio socialista in Terra di Lavoro. Poi l’addio al Psi, partito morente. Non più in grado di garantire a Oliviero l’ingresso nell’edificio F13 del Centro direzionale di Napoli. Gli serviva una scialuppa di salvataggio. Gliela lanciò Pina Picierno. Grave errore. Nel gennaio 2015 Oliviero passa al Pd casertano. Alle regionali dello stesso anno vince. Primo della lista. Preferenze dem? Altro che. Si porta dietro l’intero pacchetto di voti socialisti. In questo è il numero uno: voti e tessere. Un artista sopraffino. Altra dote unica: utilizzare i partiti come taxi. Ultima fermata l’ingresso in consiglio regionale. Zero politica, tanto opportunismo. Appena mette piede nel Pd casertano Oliviero è come un elefante in una cristalleria. Lancia subito l’opa al partito. La prima a finire nel suo mirino è proprio la Picierno. Si sa, l’irriconoscenza degli uomini è più grande della misericordia divina. Secondo bersaglio grosso Stefano Graziano. Oliviero combatte la guerra con le armi che sa maneggiare meglio: le tessere. In stile Psi. Alle regionali del 2020 sembra andare tutto per il verso giusto. Il suo acerrimo nemico Graziano resta fuori nonostante 18mila preferenze. Oliviero ne colleziona 20mila con un boom “anomalo” a Sessa Aurunca. Quarto mandato nel parlamentino campano. Ed elezione a presidente del consiglio. Non sempre la fortuna aiuta gli audaci, nel caso di specie, gli spregiudicati. C’è da eleggere il nuovo segretario regionale. Da Roma arriva un’indicazione chiara: Stefano Graziano. È come sventolare il drappo rosso davanti al toro. Oliviero si imbufalisce e trasforma la discussione sul nuovo leader regionale dem in una corrida. La fortuna gli volta le spalle. Viene infilzato dal torero. Letta sferra il colpo di grazia. Stefano Graziano capolista alle politiche del 25 settembre 2022. Oliviero perde la testa. Si disimpegna totalmente alle elezioni. “Io voterò, non garantisco su mia moglie”, dichiara in un’intervista a Campania Notizie, oggi Italia Notizie. Quasi nessuno della sua gang voterà Pd. Seppur esangue non si arrende. Intravede nel tesseramento 2022 l’ultima occasione per riappropriarsi del Pd casertano. Si schiera subito con Stefano Bonaccini. Dopo un po’ la doccia fredda: la casertana Pina Picierno, divenuta sua nemica, va in tandem alle primarie con il governatore dell’Emilia Romagna. Stefano Graziano, anche lui di Caserta, sceglie ovviamente Bonaccini. Risultato? Oliviero conta meno di zero nella componente bonacciniana. Sangue agli occhi. Investe tutto sulle tessere. In Terra di Lavoro si arriva alla fantascientifica cifra di quasi 7mila iscritti, in un partito commissariato da 15 anni e con soli 5 circoli attivi. Il tesseramento dopato all’ennesima potenza diventa un caso nazionale. Roma taglia a colpi di scure la platea degli iscritti: 3.200 tesserati regolari. Qui l’impazzimento di Oliviero. Si è speso e ha speso tanto nel tesseramento. Non accetta la sconfitta. Fa all-in. Ricorso in tribunale contro il tesseramento obliterato da Roma. Suicidio politico? Peggio. Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno non c’è un dirigente dem che vuole avere a che fare con lui. Anche Bonaccini se ne sbarazza. La commissione nazionale per il congresso revoca la platea degli iscritti casertani. Oliviero rinuncia al ricorso in tribunale perché sarebbe stato irricevibile.

Francesco Boccia e Elly Schlein

Nel frattempo bombarda Francesco Boccia, il numero due della mozione Schlein e commissario regionale uscente. Attacchi conditi con rozze accuse personali. Nemmeno al bar dello sport si arriva a tanto. Boccia è il nuovo nemico giurato perché pretende troppo: “Onestà e trasparenza”. Dice “no” ai signori delle tessere e ai sultanati. Ai microfoni di Italia Notizie ribadisce più volte: “Li cacceremo dal partito”. Ci avviamo verso la fine della storia. 26 febbraio 2023: Elly Schlein vince le primarie. Oliviero avrebbe preferito che gli amputassero un arto. Il futuro gli riserva una sorte peggiore: la sua testa rotolerà. Il Pd di Caserta sarà commissariato. A mettere le cose a posto ci penserà un uomo o donna di stretta fiducia di Schlein e Boccia. Che sono di parola. Hanno sempre detto e ripetuto che nel nuovo Partito democratico “non ci sarà spazio per i cacicchi e i sultanati”. Si scrive cacicco, si legge Oliviero. Si odono i rimbombi delle campane. Il presidente del consiglio regionale non legge Hemingway. Assicura i suoi adepti: “Tutto ok”. Come no! Non sa, per carenza letteraria, che “quando senti suonare la campana non chiederti per chi suona, essa suona per te”. I rintocchi sono assordanti. Non smetteranno finché Schlein e Boccia non faranno piazza pulita nel partito. Oliviero si spertica: “Non lascerò il Pd”. Tranquillo. Sarà il nuovo Pd a lasciare quelli come lui. Cronaca di una morte annunciata. Oliviero non legge nemmeno García Márquez. Schlein e Boccia sì.

Mario De Michele

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