SAN FELICE A CANCELLO – Oggi sono entrambi collaboratori di giustizia, ma prima di diventarlo uno dei due inviò una lettera dal contenuto ricattatorio ed estorsivo all’altro ritrovandosi adesso indagato, al centro di un’inchiesta della procura di Napoli.

“O mi dai i soldi o faccio il pentito e racconto tutto quello che so”: questo più o meno il contenuto della missiva che Antonio D’Addio, alias “o pannazzaro”, di San Felice a Cancello, dal carcere di Carinola, inviò al boss Antonio Abbate, per anni, insieme con il suo socio di omicidi Raffaele Ligato, capozona dei Casalesi a Pignataro Maggiore. Abbate stava già maturando l’idea di cambiare “sponda” dopo essere finito in manette; stava scegliendo la strada della collaborazione e “tra capo e collo” si vide arrivare la lettera di D’Addio, che in virtù di vecchi patti di affari tra la camorra di Pignataro e quella di San Felice, pretendeva almeno 50mila euro. Altrimenti avrebbe “cantato”. Forse non immaginava che dopo poco anche lui sarebbe diventata la “gola profonda” capace di mandare in carcere capi e gregari dei clan delle due diverse aree del Casertano. “Si è notata l’assenza di una componente morale nella scelta collaborativa da parte di D’Addio – hanno scritto in un’informativa i magistrati che indagano – quest’assenza è confermata proprio dalla lettera da lui inviata ad Antonio Abbate dal carcere di Carinola nella quale formulava un’esplicita richiesta di denaro”. Nel corso di un interrogatorio davanti ai magistrati della Dda il pentito Abbate ha svelato tutti i segreti sul suo agguerrito gruppo criminale che operava in “sinergia” con la malavita di San Felice a Cancello. Anche la Ndrangheta faceva parte di un cartello delinquenziale che vedeva Abbate e il suo compagno di “avventure” Raffaele Ligato essere il vertice di una piramide composta da pregiudicati di diversi gruppi. A questo punto è lecito pensare che non fu un caso il blitz del lontano 21 febbraio 1975, quando un allora giovanissimo Antonio Abbate fu arrestato per porto abusivo di armi in un covo a Nocelleto di Carinola: con lui, infatti, oltre all’allora latitante Raffaele Ligato, c’erano due ricercati calabresi, esponenti della Ndrangheta, Domenico Tripodi e Ignazio Polimeno. E’ possibile che negli anni caldi della faida tra i Sanfeliciani e i Crimaldi di Acerra ci sia stato anche uno scambio di armi tra la camorra casertana e la malavita calabrese. Altre alleanze è possibile che l’attuale pentito Abbate le “confezionò” successivamente nel corso del soggiorno obbligato a Nardò, in provincia di Lecce. Ma il primo precedente di polizia di Abbate fu di tutt’altra natura: a soli 17 anni, il 3 luglio 1972, si rese responsabile di un sequestro di persona ai danni di una quindicenne.

 

Carlo Pascarella

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui