Dieci giorni dopo, è arrivato il responso: no, il clamoroso quattro a zero del 2 aprile al Maradona non ha giovato maggiormente al Napoli. Lo sostenevano in parecchi, forse sottovalutando la vocina che si fa largo a Milanello quando arrivano le notti di Champions o, più banalmente, si è trattato di un’analisi limitata a ciò che si sta vedendo in campionato. Certo, è ancora tutto aperto e, anzi, per come si era messa il Napoli può anche essere soddisfatto di aver limitato i danni. Ma aver raccolto la seconda vittoria in pochi giorni contro i prossimi campioni d’Italia autorizza il Diavolo a cullare pensieri dolcissimi. A sognare, come raccontava Pioli in vigilia. Le semifinali ora per i rossoneri sono un pochino più vicine e il Milan chiude questa sfida persino col rammarico di non aver appesantito il bottino dopo essersi trovato con un uomo in più (rosso ad Anguissa) negli ultimi venti minuti. Ha deciso un gol di Bennacer, che in campionato aveva anestetizzato Lobotka e stavolta ha marchiato a fuoco il primo round. Questo per i rossoneri è il terzo clean sheet di fila, il quinto consecutivo in Champions. Segnali importanti, come aver protetto la porta contro quello che è il miglior attacco di questa Champions. Al Maradona il Milan aveva sgretolato i 22 punti di differenza in campionato: non si sono visti nemmeno stavolta. Col rientro di Kalulu, recuperato, Pioli ha potuto contare su tutti gli uomini inseriti in lista Uefa. Un imbarazzo della scelta molto relativo, dal momento che il tecnico rossonero aveva – comprensibilmente – ben stampato nella mente l’undici che a inizio aprile ha sbancato il Maradona. Squadra fotocopia come previsto quindi, col ritorno dell’attacco titolare – Giroud, Leao, Diaz – e Kjaer accanto a Tomori al centro della difesa. Qualche dubbio era lecito semmai sulla collocazione di Krunic e Bennacer, ma anche il piano tattico è stato confermato: Bennacer sulle zolle di Lobotka, Krunic accanto a Tonali ad attendere Zielisnki. Spalletti invece si è visto scivolare via dalle mani uno dopo l’altro tutti i suoi attaccanti di ruolo: prima Osimhen, poi Simeone e infine Raspadori, che in questi giorni aveva lavorato in gruppo solo parzialmente ed è partito dalla panchina. Conseguenza pratica: Elmas falso nove, attacco liquido che peraltro Spalletti in carriera ha già dimostrato di saper maneggiare bene. Gli altri due dubbi: Lozano l’ha spuntata su Politano e Mario Rui su Olivera. Quando Pioli in vigilia assicurava che sarebbe stata una partita diversa rispetto a Napoli, non si sbagliava. Ma probabilmente non pensava che il suo Milan avrebbe avuto un approccio così svagato e fiacco a una sfida del genere. Una galleria degli orrori difensivi rossoneri durata quattro minuti che ha visto gli azzurri a un respiro dal gol dopo 50 secondi – Kvara murato sulla linea dopo una tripla amnesia di Tomori, Kjaer e Krunic – e insistere poi con un tiro di Anguissa deviato da Maignan (3’) e un colpo di testa alto di poco di Di Lorenzo (4’). Una manciata di minuti scarsa e ci ha provato dalla distanza Zielinski sull’ennesima incertezza di un Tomori inspiegabile. Cronaca spicciola che serve per fotografare la prima metà di frazione: Milan impacciato, lento e con le idee poco chiare. O meglio: senza idee per bucare la prima pressione napoletana, portata con ferocia, logica e continuità. Azzurri vincenti anche in quasi tutti i duelli e aggressivi con gli uomini che dieci giorni fa erano stati messi in gabbia dal Diavolo: Lobotka ha avuto maggiore libertà d’azione e lo stesso vale per Zielinski e Anguissa, mentre Elmas ha faticato parecchio a trovare spazio. L’inerzia tutta napoletana del match si è spezzata a causa di un grande spavento generato da Leao che, in assenza di rifornimenti adeguati, si è messo in proprio (25’) e se n’è andato via di prepotenza tra Rrahmani e Anguissa, sgommando per cinquanta metri e presentandosi a tu per tu con Meret: sinistro fuori di un soffio, ma il portoghese avrebbe potuto far meglio. A quel punto Il Napoli ha placato il suo furore, la partita si è messo in equilibrio e il Milan ha ritrovato spirito, distanze e pure idee. Come quella illuminante di Diaz, che ha concesso il bis di campionato sgusciando via (centralmente) con un gioco di prestigio tra Lobotka e Mario Rui, e avviando l’azione del vantaggio: scarico su Leao, bravo a servire subito l’accorrente Bennacer, e sinistro potente in buca. Era il minuto numero 40 e il Diavolo ha provato a sferrare un altro colpo al mento del Napoli prima dell’intervallo: angolo di Bennacer, zuccata potente di Kjaer che ha sbattuto sulla parte inferiore della traversa ed è tornata in campo per pochi centimetri. La traversa, assieme alla smanacciata di Maignan su testa di Elmas ha salvato anche il Milan all’inizio di una ripresa (5’) dove il Napoli è partito col protossido di azoto nel motore. Fiammate a cui il Milan ha risposto con break importanti nei quali ha tenuto palla con personalità. Ovvero generando timore quando manovrava al limite dell’area azzurra. A metà ripresa un cambio per parte ha cambiato parzialmente gli scenari in attacco: Saelemaekers per Bennacer, ovvero il belga a destra e Diaz al centro della trequarti; e Raspadori per Lozano, con Elmas dirottato sulla destra. Ma la vera svolta è arrivata al minuto 74, con il secondo giallo ad Anguissa, troppo irruente due volte su Hernandez. A quel punto il Napoli ha dovuto rivedere del tutto i piani offensivi e badare a limitare i danni. Un Napoli sull’orlo di una crisi di nervi, dove tra gli ammoniti figura anche Kim. Era diffidato, seconda pessima notizia per Spalletti in vista del ritorno. Gli ultimi brividi però sono stati per il Milan: a tre dal 90’ Maignan ha salvato su Di Lorenzo – la sua consueta parata decisiva nei finali di gara – e pochi secondi dopo Olivera ha sfiorato la traversa di testa. Scampato il pericolo, a San Siro è esplosa la festa, ma con la consapevolezza da parte di tutti che i giochi sono ancora completamente aperti.