Vince il Napoli e resta sempre più solo in vetta alla classifica, con il solo Milan nella scia (a -3). Ma vince soprattutto Osimhen, che a dieci minuti dalla fine trova il jolly giusto, sull’unico errore di un super Smalling. E la differenza tra Roma e Napoli la fanno proprio i centravanti: Abraham il pallone giusto lo spreca all’inizio come un bimbo alle prime partitelle, Osimhen lo mette alle spalle di Rui Patricio con forza e coordinazione. Per l’inglese l’ennesima prestazione scialba, per il nigeriano una serata d’autore. Il calcio a volte è semplice e quando non riesci a sbloccare le partite ti serve la giocata di un singolo. E allora in una serata in cui Kvaratskheila non brilla come al solito, Spalletti viene premiato nelle scelte (con Osimhen decisivo) e nei cambi (a dargli la palla giusta è Politano, appena entrato). Mou invece chiude con zero tiri nello specchio della porta, il che la dice lunga sul problema dei giallorossi. Mourinho lancia Camara in mezzo al campo per avere più energia, Spalletti preferisce Ndombele a Elmas per dare più palleggio al suo centrocampo. Lo spartito è chiaro fin da subito: il Napoli a pressare alto per cercare di fare la partita fin dal recupero palla sulla trequarti avversaria, la Roma guardinga negli ultimi 40 metri di campo, per poi trovare gli spazi per far male con Zaniolo nelle ripartenze. E l’attaccante giallorosso due-tre folate importanti le piazza anche, ma Juan Jesus con l’assistenza di Olivera riescono sempre a respingerlo (e quando non ci riescono, il tiro a giro di Nicolò finisce di poco fuori).
Kvaratskheila è meno effervescente del solito, Zielinski ha il solito dinamismo ma non riesce ad affondare e Lobotka è limitato dalla marcatura a uomo di Pellegrini, che lo va a prendere spesso e volentieri, alto fin dall’inizio della costruzione. Così le occasioni per vedere il Napoli-champagne di questo inizio di stagione sono ridotte all’osso e il primo tiro in porta degli azzurri arriva solo al 27’, con Zielinski. Dall’altra parte, invece, di pericoli veri e propri non se ne costruiscono, anche se i primi 25 minuti della Roma sono di buona fattura, con la squadra che si distende sempre bene negli spazi, ma poi manca nella scelta finale. Così la svolta può arrivare nel finale, quando al 38’ Irrati concede un rigore per fallo di Rui Patricio su Ndombele, ma poi con l’aiuto del Var torna sui suoi passi (il portiere portoghese in effetti prende prima la palla e poi il francese). La ripresa si apre con una superparata di Rui Patricio su Lozano, che fa presagire ad un cambio di ritmo dal punto di vista delle occasioni. Poi Spalletti si gioca subito la carta Elmas (per Ndombele), per dare più spessore alla fase offensiva. Più passano i minuti e più la Roma fatica a risalire, limitandosi a respingere palloni o a provare di tenerli lontani dalla propria area. E allora le occasioni per Spalletti iniziano ad arrivare: prima Smalling salva proprio su Elmas nell’area piccola, poi Juan Jesus si divora il più facile dei gol, ciabattando a botta sicura il pallone del vantaggio dal dischetto del rigore. Abraham torna mestamente negli spogliatoi dopo un’ora di gioco, Zaniolo crea l’unica occasione giallorossa e sulla ripartenza Osimhen sfiora il gol. E’ solo il preludio, perché a dieci minuti dalla fine il nigeriano si rifa, sfruttando l’unico errore della partita di Smalling e bruciando Rui Patricio sul palo opposto (che accenna neanche la parata). Mou allora ribalta la Roma (dietro si passa a 4, dentro Vina, Matic, El Shaarawy e Shomurodov), ma non riesce mai a cambiare la partita.