Al termine di un’esibizione a senso unico, di altissima qualità tennistica, un dominio incontrastato a tratti persino umiliante per Novak Djokovic che mai aveva subito una simile lezione sui campi d’erba di Wimbledon, Carlos Alcaraz non solo conferma la sua attuale supremazia bissando il successo dell’anno scorso, ma ribadisce che in giornate simili, nelle quali sa esprimere al meglio tutto il proprio potenziale, il suo talento raggiunge vette che lo proiettano di diritto tra i più forti di sempre. Come confermato dalla precocità del suo già illustre palmares: con il trionfo ai Championships edizione n.137 salgono a quattro gli Slam vinti dal murciano, prima di aver compiuto 22 anni. Il terzo, nell’era Open, con almeno due titoli a Wimbledon all’età di 21 anni e 70 giorni, dopo Boris Becker e Bjorn Borg. E ancora, altri record: l’ottavo giocatore nella storia del gioco ad aver vinto tutte le prime quattro finali Slam giocate in singolare, il secondo nell’era Open dopo Roger Federer. Il sesto a centrare la doppietta Roland Garros-Wimbledon nella stessa stagione, il secondo spagnolo (dopo Rafa Nadal) con almeno due titoli a Wimbledon. Una costellazione di primati – il nono giocatore a trionfare due anni di fila all’All England Club – che ha negato a Djokovic l’ottavo sigillo a Wimbledon e quella che sarebbe stata la vittoria Slam n.25. Lo stop è arrivato al termine di un match – la terza finale con la più grossa differenza di età tra i due contendenti – che in poco meno di due ore e mezza si è risolto a favore dello spagnolo in tre set: 6-2, 6-2, 7-6(4). In maniera ineluttabile, che lascia pochissimi rimpianti al campione serbo, se non un’età anagrafica che (forse) non gli consente più di reggere un tennis di simile pressione e intensità. Non deve dunque apparire un’esagerazione riassumere il match nel game d’apertura, durato 15′: al sorteggio Alcaraz decide di ricevere e dopo quattro palle-break salvate dal serbo, gli strappa per la prima volta il servizio. Un vantaggio che con il progredire del gioco si accentua sempre più: più sale il livello di Alcaraz, e meno il serbo riesce a trovare le contromisure per arginare la straripante prestazione dello spagnolo. Protagonista assoluto del Centre Court con le sue giocate sempre diverse, i cambi di ritmo e di variazione di palla, le smorzate nascoste, le volée magiche. Gli basta così un’oretta ad Alcaraz, n.3 del ranking mondiale, per trovarsi avanti due set, concedendo solo quattro game a Djokovic. Che nel terzo set, però, da fondo a tutte le sue risorse psico-fisiche, oltreché d’orgoglio, per restare nel match. Nel nono game, però, nuovo break di Alcaraz, che va al servizio per la vittoria: solo qui, ad un passo dal trionfo, lo spagnolo rivela la sua età, sprecando con leggerezza tre match-point di fila, prima di cedere il servizio. Ma il mismatch tra i due trova puntuale conferma nel tie-break, che Alcaraz domina chiudendo al quarto match-point. “È un sogno aver vinto questo torneo che ho sempre pensato sia il più bello – le parole a caldo dello spagnolo -. Fin da bambino sognavo di giocare qui. Djokovic è un incredibile combattente, ho dovuto dare il mio meglio. Non mi considero ancora un campione al suo livello, ma sto lavorando per la mia storia”. Sempre in finale dal 2018, per cercare di raggiungere il record di otto trionfi ai Championship Djokovic dovrà aspettare ancora un anno. “Non è il risultato che volevo, soprattutto nei primi due set non ho giocato bene. Ma complimenti a Carlos, che ha un tennis incredibilmente completo. Ho cercato di mettergli pressione ma non ci sono riuscito. Ora sono deluso, ma se considero le ultime quattro settimane devo essere soddisfatto, perché fino all’ultimo non sapevo se avrei potuto giocare dopo l’intervento al ginocchio”.

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