di Mario De Michele

La situazione è grave ma non è seria. L’aforisma dell’insuperabile Flaiano fotografa in modo quanto mai efficace e impietoso le ultime tragicomiche vicende del Pd casertano. “Il segretario provinciale ha lasciato la carica”, dicono i ribelli della (ex) maggioranza. “Non mi sono mai dimesso e non ho alcuna intenzione di farlo”, fa sapere Raffaele Vitale. Una farsa che sarebbe diventata un atto unico di quel teatro dell’assurdo reso celebre da Beckett. L’accordo sui nuovi vertici dell’Asi ha srotolato la pellicola di un film degno della saga di Fantozzi. Ci sarebbe da ridere a crepapelle. Ma quando la politica si copre di ridicolo c’è poco da stare allegri. Soprattutto se parliamo di un partito guidato in gran parte da giovani. Quella generazione di under 30 e 40 che per il credo renziano è sinonimo di cambiamento e rinnovamento. Nel “caso Asi” però di nuovo non c’è proprio nulla. C’è un ente strumentale (un carrozzone clientelare). Ci sono delle poltrone da occupare (il Cda), c’è la guerra per accaparrarsi un posto al sole (la spartizione). Insomma, le vecchie logiche politiche. Per la serie cambiare tutto (in apparenza) per non cambiare nulla (in sostanza). L’intramontabile gattopardismo Made in Italy. Quando c’è da sedersi a tavola ognuno pretende il posto migliore. E se manca qualche sedia, allora scatta la protesta di chi resta in piedi. Il risultato? Il Pd di Caserta è una polveriera. Il gruppo dirigente è spaccato. In guerra. La maggioranza uscita dal congresso in frantumi. E la resa dei conti che si consumerà nell’assemblea provinciale del 12 dicembre assesterà probabilmente l’ultima picconata a un progetto politico ormai naufragato nelle onde delle lotte tra bande. Ma chi ha pigiato il pulsale del detonatore che ha fatto saltare tutto in aria? Di fronte a una così ampia distesa di macerie è difficile individuare i colpevoli e tratteggiare una netta linea di demarcazione tra buoni e cattivi. Il primo nome che viene in mente da spedire sul banco degli imputati è ovviamente quello di Vitale. Ma come in tutti i film noir l’assassino non è mai il primo indiziato. Quello che io ho battezzato come il “segretario facente finzione” ha tutte le responsabilità politiche di questo mondo: per oltre un anno non ha mai esercitato la sua leadership, non ha dettato la linea del partito, è stato ospite fisso a “Chi l’ha visto?”. Su questo non ci piove. E nessuno più di me lo sta evidenziando da mesi con parole al veleno. Ma sulla vicenda Asi Vitale è quello con minori responsabilità. Anche stavolta ha delegato tutto agli altri componenti della segreteria. A quelli che politicamente “contano” davvero. Perciò, per la prima volta dalla sua elezione, mi schiero dalla sua parte (amo essere impopolare). Non si è mai visto nella storia degli enti strumentali un segretario provinciale, seppure facente finzione, che non rivendica un posto. Che non sponsorizza un nome. Che dice “fate voi”. Il sindaco di Parete è un ragazzo pulito e perbene. Lo ha sempre dimostrato. E chi ne mette in dubbio l’onestà mente sapendo di mentire. Ma è pur sempre il leader del Pd. “Finto” o meno che sia ha comunque l’obbligo di assumersi tutte le responsabilità politiche. E di trarne le conseguenze. Se una squadra inizia a giocare male a farne le spese è sempre l’allenatore, anche se non si è mai seduto in panchina.

Allora chi è il vero colpevole? Chi c’è sul luogo del delitto? Stefano Graziano. Ma stavolta gli è andata male. Ha giocato troppo allo scoperto (strano per uno come lui bravo a navigare a pelo d’acqua). Ed è stato “arrestato” dalle altre componenti del partito. Nella vicenda Asi l’ex deputato è sceso in campo in prima persona. Ha tessuto la trama dell’intesa con Ncd e Forza Italia. Ha però sottovalutato un aspetto dirompente. La partita del Consorzio si è intersecata con quella imminente delle regionali. Graziano sarà candidato. E il suo attivismo (non si capisce a che titolo), prima “occulto”, poi palese (con incontri a casa sua) ha scatenato la reazione delle altre aree della maggioranza, quasi ognuna delle quali capeggiata da candidati in pectore al parlamentino campano. L’utilizzo dell’Asi per “ritorni” elettorali, con il possibile bis in futuro con gli altri enti strumentali (Idrico e Ato rifiuti), ha acceso la miccia che ha dato fuoco alle polveri. E ora l’incendio è divampato. Sarebbe però ingeneroso gettare la croce solo addosso a Graziano. Il Pd è in coma perché ci sono altri dirigenti con la pistola fumante in mano. Che oggi predicano bene, ma in passato hanno razzolato male. Il segretario Vitale, ma in realtà l’accusa è diretta all’area Graziano-Stellato, è stato messo all’indice perché ha giocato sporco. Perché alcuni membri della segreteria sono stati “scavalcati”. Perché sull’Asi è mancata collegialità e condivisione delle scelte. Bene. Diciamo pure che è vero. Anzi, è certamente vero. Vorremmo però sapere da Enzo Cappello con chi ha concordato il suo ingresso nel comitato dei sindaci dell’Asl di Caserta (ottobre 2013) quando era lui stesso segretario-traghettatore del Pd. Dopo quale confronto e con quale mandato politico. L’unica condivisione di cui le cronache dell’epoca raccontano è quella con Angelo Polverino. Tutto d’un tratto Cappello pone una questione di mancata collegialità. Gli ritorna in mente di essere il presidente del partito. E, dopo “appena” un anno dall’ultima e unica seduta, convoca l’assemblea con all’ordine del giorno le dimissioni di Vitale che, come lui stesso ha dichiarato, non si è mai dimesso. Siamo curiosi anche di sapere da Gigino Munno (scalpitante come non mai) quale via libera abbia ottenuto nei mesi scorsi dalla segreteria provinciale per ricoprire, se è vero come sembra, la carica di vicepresidente del Consorzio idrico. È stato indicato in modo condiviso? O è bastato un caffè con Mimì Zinzi? Ecco. E’ difficile scrivere sulla lavagna i nomi dei buoni e dei cattivi. Un’ultima cosa. Ripensandoci ho trattato troppo bene Vitale. Non vorrei che ci si abituasse. E allora mi chiedo: non si sarà dimesso a sua insaputa?

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