CASERTA – Niente più tornerà come prima. Lo tsunami Asi ha travolto il gruppo dirigente del Pd casertano. E ha lasciato in un mare di guai Raffaele Vitale. Il segretario facente finzione è tra due fuochi: su un versante ci sono i “ribelli” che hanno bocciato l’accordo sui nuovi vertici del Consorzio; sull’altro è posizionato l’asse Graziano-Stellato, attorno al quale è ruotata l’intesa con Ncd e Forza Italia. Nel mezzo Vitale, appunto. Che d’un colpo si è reso conto di come sia difficile essere il leader dei dem di Terra di Lavoro. Finora si era limitato a svolgere un compitino di rappresentanza formale, estetica, delegando sempre ai veri segretari (Graziano, Villano e Stellato). Adesso è chiamato ad assumersi delle responsabilità, a fare delle scelte. E che scelte. Deve decidere cosa fare e con chi stare. La pattuglia dei “dissidenti” è molto folta. La compongono Enzo Cappello, Franco De Michele, Gigino Munno, Silvio Sasso, Raffaella Zagaria. E Vito Marotta che però fa storia a parte perché non si fida neanche di se stesso figuriamoci degli altri. E’ affetto dalla sindrome di Giulio Cesare: teme sempre di essere accoltellato alle spalle. E quindi vede nemici dappertutto. A volte anche guardandosi allo specchio. Conti alla mano metà segreteria è incazzata di brutto. Ed esprime con forza il malessere di altri big del partito tra cui Pina Picierno, Lucia Esposito e Dario Abbate. Alla finestra, ma neanche tanto, c’è Nicola Caputo. Che non aspetta altro di dare la spallata decisiva per mandare a casa Vitale. Rimescolare le carte. E assumere di nuovo un ruolo importante nel gruppo dirigente del Pd casertano. Il segretario facente finzione è accusato di essere ostaggio di Graziano e di garantire solo alcune fazioni: in primis l’ex deputato, poi gli Stellato-Sgambato, Villano e i Giovani democratici. E per i “ribelli” la vicenda Asi è la punta dell’iceberg di una gestione da sempre “grazianocentrica”. Ora per Vitale è il tempo delle decisioni. Ha fatto sapere di non essersi dimesso e di non avere alcuna intenzione di farlo. Ma i numeri non sono dalla sua parte. Il 12 dicembre è prevista l’assemblea provinciale. I “dissidenti” gli hanno chiesto di abiurare l’accordo sull’Asi e chiedere le dimissioni di Raffaella Pignetti e Biagio Lusini, eletti rispettivamente presidente e membro del Cda del Consorzio. Solo in tal caso non presenteranno una mozione di sfiducia. A quanto si apprende, Vitale durante un incontro tenuto con i “rivoltosi” avrebbe confessato di non aver condiviso né i nomi, né le modalità dell’intesa. “Ho delegato altri, non me ne sono occupato e non sono d’accordo sull’esito delle trattative”, avrebbe detto nel corso del confronto con i “ribelli”. Anzi sarebbe andato anche oltre chiedendo il loro sostegno qualora decidesse di rompere definitivamente con l’area Graziano-Stellato. Sarà vero? Lo sapremo a breve. Per adesso Vitale non ha rotto i ponti con i suoi sostenitori della maggioranza. Anzi, sembra che il dialogo tra loro sia costante. E i rapporti non si siano incrinati. Ma la pattuglia dei “dissidenti” è agguerrita. Non accetta mediazioni. Si deve riavvolgere il nastro a prima dell’elezione dei nuovi vertici Asi. Cioè chiedere le dimissioni di Pignetti e Lusini. Azzerare tutto. L’intransigenza degli oppositori restringe al minimo i margini per un’intesa prima dell’assemblea del 12 dicembre. E quindi si arriverà all’appuntamento armati fino ai denti. Pronti a guerreggiare. Con le truppe schierate da un lato e dall’altro. I “rivoltosi” vorranno il redde rationem. Presenteranno una mozione di sfiducia contro Vitale. E sono certi di vincere. Ma non si accontenteranno dello scalpo del facente finzione. Vogliono fare terra bruciata dei nemici. Chiederanno di mettere subito a votazione l’elezione del nuovo segretario. Su chi punteranno? In ballo c’è un tris di nomi: Munno, De Michele e Abbate. Ma prima bisogna combattere contro Graziano-Stellato-Villano. Chi vincerà la guerra? Chissà. L’unica certezza è che ci saranno morti e feriti. Un bagno di sangue in cui affogherà tutto il Pd.

Mario De Michele

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